| L' A. si domanda se la realta' interpersonale e sociale dell' uomo
sia neccessariamente legata a determinate strutture e istituzioni, e
se tale legame produca il fenomeno dell' autorita'. Per una risposta
l' A. esamina la concezione secolare dell' autorita', propria degli
agnostici e degli atei, e la concezione inerente ad una prospettiva
religiosa, rilevando, in questo secondo caso, le diversita'
interpretative proprie degli appartenenti a religioni differenti, e
addirittura le sfumature interpretative tra le concezioni dei
cristiani cattolici e di quelli di altre confessioni cristiane,
soprattutto per quanto concerne il tipo di autorita' umana nelle
istituzioni tradizionali (matrimonio, famiglia, rapporto
genitori-figli), in quelle scelte liberamente (in aziende con lavoro
di gruppo, in una scuola), e nei raggruppamenti liberi (nei gruppi
giovanili, nei sindacati liberi ecc.). In una prima rassegna, l'
autorita' umana vista nella prospettiva della teologia creazionistica
si differenzia radicalmente da ogni concezione dell' etica secolare.
In primo luogo perche' per la concezione secolaristica dell' etica il
fenomeno dell' autorita' non comporta alcun particolare problema
degno di nota. Invece in una concezione creazionista dell' uomo e del
mondo il problema e' ben diverso, in quanto si colloca nella storia
dell' etica e della teologia morale, e dentro questo ambito trova una
sua soluzione sacrale, in quanto l' autorita' umana viene vista come
una partecipazione della trascendenza di Dio che si inserisce nella
realta' immanente creata. Il Dio trascendente, signore della vita e
di ogni realta' creata, la governa per certe funzioni tramite delega
all' uomo stesso. Questa autorita' umana partecipata (vicaria) si
fonda pienamente e profondamente sul concetto di creazione. Questa
autorita' come vicaria di Dio si comprende forse meglio come premessa
di una assoluta signoria del creatore e sua stessa autorita'. Una
ulteriore interpretazione, meno sacrale, vede l' autorita' umana come
funzione di servizio, con delega della societa' stessa, che demanda a
determinate persone il potere di governare le altre per il miglior
conseguimento di fini comuni, quali la pace, la tolleranza e il bene
comune. In concreto tutto questo, pero', comporta diversi problemi di
non facile soluzione. Un primo problema e' quello della dittatura, e
della sua legittimazione o meno. A parte il problema della sua
legalizzazione e legittimazione, come si deve intendere l' autorita'
dei tiranni fino a quando il potere e' nelle loro mani? E' vera
autorita' partecipata in cui e' presente l' autorita' divina, oppure
si tratta di una menzogna rivestita di motivazioni teologiche? (ad
esempio il caso di Hitler o quello attuale di Pinochet ecc.). Un
ulteriore esempio e' l' uso, in campo etico e giurisdizionale, dell'
"epicheia", soprattutto in casi di situazioni conflittuali. Un
ulteriore esempio concerne la tensione tra ordine morale e ordine
giuridico in caso di leggi punitive (ad esempio la pena di morte e la
sua legittimazione, sia come problema etico che giuridico). Infine,
per quanto si possa indagare, e' difficile vedere nella realta' dei
fatti, una partecipazione dell' autorita' divina nell' autorita'
civile. Lo e' anche nell' autorita' ecclesiastica, sebbene questa si
richiami spesso ai precetti del Vangelo e al giudizio di Cristo, che
distinse bene, nell' episodio della moneta mostratagli, i due campi
distinti: "Date a Cesarequel che e' di Cesare e a Dio quel che e' di
Dio". Una realta' rimane come punto fermo: l' autorita' divina
interagisce in qualche modo per noi nelle realta' che a buon diritto
chiamiamo secolarizzate e demitizzate. Sebbene i cristiani si
differenzino dagli agnostici-laicisti, hanno con loro qualcosa in
comune per quanto concerne la comune volonta' di formulazione di
compiti e necessita' di un senso piu' profondo del compito dell' uomo
nella storia e nella societa'.
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