| Lo scritto e' la continuazione del saggio iniziato nel fascicolo n.
12 del dicembre 1982 (pag. 1665), e completa l' argomento trattato,
che viene sintetizzato in tre conclusioni. La prima e' che bisogna
far crescere i diritti-doveri dei sindacati come dimensione
collettiva delle grandi sedi di rappresentanza, ma a patto che si
tratti di sindacati con un ordinamento interno a base democratica,
che i contratti collettivi di lavoro da essi stipulati, fino a che
non abbiano provveduto alla loro registrazione, siano valevoli
soltanto per gli iscritti e per quelli che vi abbiano dato successiva
adesione implicita o esplicita, che accordi collettivi o non, diversi
dai contratti collettivi di lavoro, possano essere stipulati soltanto
in base a delega ad hoc, che in ogni caso non siano sacrificati i
diritti individuali nella loro dimensione fisiologica. La seconda
conclusione e' che viviamo una stagione controriformista e
restauratrice del diritto del lavoro, caratterizzata dalla violazione
della legislazione garantista e da un massiccio trasferimento di
risorse dai lavoratori subordinati all' imprenditoria mediante una
sostanziale confisca di parte della retribuzione attuale e di quella
differita, attraverso leggi che hanno inciso su diritti soggettivi
finora considerati intoccabili, e che tendono a scaricare sui
lavoratori subordinati i costi della recessione, dell' incapacita'
manageriale, dell' arretratezza tecnologica e della concorrenza della
produzione estera. La terza conclusione e' che in questa fase di
diritto sindacale transitorio la liberta' sindacale garantita dall'
art. 39 Cost. impedisce che lavoratori e imprenditori possano essere
sottoposti a poteri dispositivi di organizzazioni sindacali alle
quali non abbiano liberamente aderito.
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