| Questo saggio esamina le concezioni di alcuni filosofi italiani del
diritto come Icilio Vanni, Alessandro Levi e Vincenzo Miceli, per
quanto riguarda il rapporto fra psicologia e studio del diritto.
Questi autori sono stati selezionati come esempi di una larga
tendenza nel pensiero filosofico del diritto italiano fra il XIX e il
XX secolo. Vanni ha sostenuto la teoria che la ricerca psico-sociale
e' essenziale per l' analisi del diritto. Infatti, gli istituti di
diritto sono un prodotto di forze generatrici la cui apparizione
esteriore avviene quando e' compiuto un processo che e'
essenzialmente psichico. Levi ha rilevato che il compito della
filosofia e' quello di studiare l' origine del diritto, che non e'
soltanto un fatto esterno della societa', ma anche un fatto interno
della psiche umana, e la sua evoluzione e' strettamente correlata
allo sviluppo della coscienza umana. Quindi la psicologia individuale
e collettiva e' un sussidio indispensabile per la filosofia. Miceli
credeva che il diritto, al pari di ogni altro fenomeno sociale, puo'
ricondursi, direttamente o indirettamente a un solo fenomeno
psichico, la "credenza", che in un certo modo costituisce il tessuto
dei rapporti sociali e per opera del quale fenomeno si determinano le
norme.
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