| L' A. si richiama alle reazioni suscitate dall' accoglimento da parte
dei pretori milanesi dei ricorsi presentati da alcuni dipendenti
dell' Alfa Romeo in Cassa integrazione guadagni, dopo l' accordo tra
impresa e sindacato nel 1982. Nelle ordinanze pretorili si sostiene
che il sindacato non puo' negoziare in questa materia, disponendo di
diritti esclusivi del singolo senza uno specifico mandato, non
essendo sufficiente a tal fine neppure il vincolo associativo. L' A.
ripercorre criticamente tutta la vicenda dall' accordo Alfa-sindacati
del 9 marzo 1982, ai ricorsi dei cassa-integrati al Pretore di
Milano. Esamina la tesi politica dei ricorsi e la difesa dell' Alfa
Romeo, nonche' le ordinanze pretorili riguardanti il sindacato come
"rappresentante senza mandato", per affrontare due problemi: il primo
riguarda i limiti della contrattazione e la delimitazione delle
garanzie individuali fondamentali, che nessun accordo sindacale puo'
sottrarre alla tutela giurisdizionale; il secondo problema riguarda
la funzione dell' intervento pubblico, nella forma dell' integrazione
salariale, nelle crisi aziendali. L' A. conclude ritenendo che il
caso abbia offerto due insegnamenti: che il sindacato, come i
giudici, si e' accostato al "caso" con un atteggiamento culturale
inadeguato; che il sindacato negozia, nelle crisi aziendali, entro un
quadro normativo che e' forse il piu' carente, frammentario e
incongruente d' Europa.
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