| L' A. pone in risalto che, nel nuovo d.d.l. sulla repressione delle
evasioni (presentato alla Camera il 13.3.1980), si e' evitato di
usare espressioni che possano essere interpretate come una
attribuzione al giudice penale del potere di determinare la base
imponibile del tributo: cio' che si spiega, secondo l' A., con la
diffusa convinzione che il giudice penale non sia dotato delle
conoscenze tecniche necessarie a determinare la base imponibile. L'
A. sostiene che questa diffusa convinzione non puo' essere condivisa
tra l' altro perche' non e' esatto ritenere che la determinazione
della base imponibile presupponga sempre delle stime piuttosto che
dei semplici accertamenti di fatto. L' A. si sofferma su questa
questione per dimostrare che le controversie riguardanti la
determinazione della base imponibile si risolvono o sulla base di
semplici accertamenti di fatto o sulla base di una corretta
interpretazione della legge ed afferma, pertanto, che sulle stesse
ben puo' pronunciarsi il giudice penale, il quale, del resto, quando
giudica su reati valutari o societari, gia' oggi conosce di questioni
simili a quelle riguardanti la base imponibile. Secondo l' A.,
quindi, non sussistendo alcuna valida ragione di principio per
impedire che al giudice penale venga attribuito il potere di
conoscere anche della base imponibile del tributo, e' essenziale, ove
si vogliano realmente reprimere le evasioni, attribuire al giudice il
potere di conoscere direttamente di tutti gli elementi che
costituiscono l' oggetto della previsione delle norme tributarie.
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