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162366
IDG851010114
85.10.10114 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Panico Giuseppe
La valutazione della legge penale italiana in materia di infrazioni valutarie alla stregua del diritto comunitario sulla libera circolazione dei capitali
nota a CGCE 11 novembre 1981, n. 203/80
Dir. prat. trib., vol. 52, (1981), fasc. 6, pt. 2, pag. 1228-1261
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D538; D8714; D87009
Con la sentenza 11 novembre 1981 in c. Casati n. 203/80, la Corte di Giustizia della CEE si e' pronunciata per la prima volta "organicamente" sulla complessa e controversa materia del diritto europeo dei capitali; la Corte era stata richiesta di valutare se vi sia incompatibilita' tra il suddetto diritto (del quale essa e' unico legittimo interprete) e la legge italiana di penalizzazione degli illeciti valutari (l. 159/1976 e succive modifiche). Sostiene l' A. che, la' dove si voglia verificare se esista contrasto tra i due suddetti complessi di norme, il confronto deve essere operato esclusivamente su base concreta, rifiutando macchinose elaborazioni teoriche, in quanto sono oggettivamente determinabili le specifiche operazioni in capitali che hanno beneficiato del processo di liberalizzazione comunitaria (cioe' le operazioni contenute nelle due direttive del Consiglio dell' 11 maggio 1960 e del 18 dicembre 1960), nonce' ogni eventuale contrasto con l' art 16 . 67 del Tr. CEE diviene strumentale e mediato ed e', comunque, verificabile se si individua l' esistenza di contrasto tra la norma valutaria nazionale e le disposizioni contenute nelle menzionate direttive. Non assume pertanto alcun rilievo pratico discutere, per teorizzazioni successive, se l' art. 67 contenga o non una disposizione "self executing". Non essendo l' esportazione di valuta al seguito da parte di non residenti un' operazione comunitariamente liberalizzata, la stessa puo' trovare regolamentazione autonoma da parte dello Stato italiano; avendo questo disposto (art. 7 del d.l. 476/1956) l' obbligo dell' offerta in cessione della valuta con gli organi valutari, rilevante su base oggettiva (cioe' nei confronti di chiunque si trovi sul territorio della Repubblica), il non residente, che all' atto dell' uscita dall' Italia sia trovato in possesso di valuta della quale non e' in grado di dimostrare la precedente importazione al seguito dall' estero (mod. V 2) o la legittima acquisizione in Italia, rimane percio' stesso esposto alla presunzione di averla quivi acquisita illegalmente. Sicche' viene ad innescarsi quel comportamento violativo delle vigenti norme valutarie nazionali che e' assunto a presupposto di una delle ipotesi di reato previste dall' art. 1 della l. 159/1976. Il ragionamento, spostato su un piano generale, esclude inequivocabilmente che il sistema sanzionatorio penale delle infrazioni valutarie individui in se' una qualsiasi "nuova restrizione" alla liberta' comunitaria dei movimenti di capitali; anzi, se un' opportuna indagine dimostrasse che la disciplina valutaria precettiva, previgente alla disciplina sanzionatoria penale, era conforme al diritto europeo dei capitali, il deterrente penale potrebbe risultare, se dosato non indiscriminatamente, diretto a tutelare, in modo piu' efficace del sistema sanzionatorio amministrativo, anche il rispetto degli obblighi comunitariamente rilevanti.
art. 67 Tr. CEE art. 1 l. 30 aprile 1976, n. 159
Ist. dir. tributario - Univ. GE



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