| L' A. esamina due progetti di riforma, l' uno all' esame della
"Commissione dei Trenta" e correttivo del d.p.r. 636 del 1972, l'
altro presentato alla Camera quale proposta di legge di iniziativa
parlamentare ed avente per oggetto la disciplina degli organi della
giurisdizione tributaria. Entrambi i progetti si presentano con
intenzioni limitate, come risposta provvisoria all' esigenza di
riforma del settore o come intervento parziale che prepara nuove,
ulteriori e graduali riforme. L' obiettivo e' lo snellimento del
processo tributario, ancora articolato in quattro gradi che lo
rendono - secondo il giudizio espresso da piu' parti-anacronistico e
causa di enormi lungaggini. Per questo, nella proposta di legge,
vengono rafforzati i primi due gradi ed abolito il terzo, fatto salvo
il ricorso in Cassazione. Questa linea viene nel suo insieme
condivisa dall' A., fatta eccezione per singoli articoli della
proposta sui quali l' A. ha da esprimere alcune riserve. Il decreto,
invece, appare viziato da uno schema ove prevalgono piu'
considerazioni astratte che esigenze concrete di semplificazione
della regolamentazione e di una sua maggiore funzionalizzazione.
Emergono, cosi', dalla disciplina degli atti impugnati, dei termini e
della proposizione dell' istanza di rimborso, del potere di condanna
dell' ufficio da parte delle commissioni, una serie di incongruita' e
di ulteriori problemi, da far esprimere all' A. un giudizio
complessivo sul decreto di reformatio in peius, piuttosto che di
maggiore chiarezza e precisione rispetto al testo in vigore.
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