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| IDG851010130 | |
| 85.10.10130 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
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| Godino Andrea
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| Ritenuta d' acconto e fallimento
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| nota a Cass. sez. 1 20 ottobre 1980, n. 5777
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| Dir. prat. trib., vol. 52, (1981), fasc. 5, pt. 2, pag. 964-967
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| (Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
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| D21801; D313
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| Nella sentenza annotata, la Suprema Corte ha risolto negativamente il
problema dell' applicabilita' della ritenuta d' acconto sulle somme
dovute dalla procedura fallimentare per prestazioni professionali
rese a favore dell' imprenditore poi fallito, escludendo che nel caso
di specie sussistesse il presupposto soggettivo di cui agli artt. 23
e 25 d.p.r. 600 del 1973. Nonostante che l' opinione fosse seguita
anche in dottrina, l' Amministrazione finanziaria - ricorda l' A. -
ha sempre sostenuto invece l' esistenza di una continuita' logica fra
conduzione dell' impresa ad opera dell' imprenditore successivamente
fallito e liquidazione dell' impresa ad opera degli organi della
procedura concorsuale. E detta continuita', opina l' A., corrisponde
in realta' alla sostanza dei fenomeni legati all' attivita'
imprenditoriale prima e dopo il fallimento, benche' il dato normativo
introduca una censura in ordine all' aspetto soggettivo, su cui si e'
soffermata la Cassazione. La sentenza accenna anche ad un altro
problema particolare: l' assoggettabilita' o meno a ritenuta d'
acconto del compenso spettante al curatore del fallimento. A tal
proposito la Cassazione ha escluso l' assoggettabilita' del compenso
a ritenuta con un argomento piuttosto specioso: il beneficiario della
parcella non svolgerebbe un' attivita' professionale. In realta', per
l' A., le difficolta' di assoggettamento del suddetto compenso a
ritenuta d' acconto deriverebbero da una deficitaria quanto sommaria
disciplina tributaria del fenomeno.
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| art. 23 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600
art. 25 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600
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| Ist. dir. tributario - Univ. GE
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