| Secondo John Dewey i termini "natura" e "ragione" sono termini
ambigui: "natura" significa sia "l' esistente, il dato, lo stato di
cosa precedente", sia "il presente stato di cose". Per cui il
richiamo alla natura puo' significare sia cio' che e' desiderabile in
riferimento a una regola precedente e percio' fissa e immutabile, che
limita l' investigare stesso della ragione, sia cio' che e'
desiderabile attualmente in riferimento alle conseguenze che la
ragione, nel senso di intelligenza sperimentale, deve valutare. Il
filosofo americano attribuisce alla ragione un carattere operativo,
strumentale e sperimentale, il cui scopo e' trasformare, ordinare e
dare stabilita' al mondo dell' esperienza, che e' governato dall'
incertezza. Nel pensiero di Dewey il rapporto tra diritto e ragione
e' evidente finche' siano in gioco le norme legali o le decisioni dei
tribunali. La legge non e' un comando, o un' espressione di volonta'
fondata sulla minaccia della forza. Piuttosto e' un prodotto della
ragione, che articola le condizioni sotto cui possono essere svolte
le attivita' umane. Per quanto riguarda le decisioni dei tribunali,
Dewey critica la teoria tradizionale che fonda il ragionamento
giuridico sull' uso del sillogismo e la logica ad esso applicata;
critica cioe' la teoria tradizionale sulle procedure da seguire nell'
adottare una decisione razionale. A causa della critica di Dewey alle
teorie imperativistiche e dei suoi riferimenti alla ragione, i
critici hanno spesso tracciato un parallelismo tra il suo pensiero e
le teorie del diritto naturale. Ma si tratta di un errore, se per
diritto naturale si intende che esistano dei principi fondamentali,
assoluti ed eterni. L' A. ritiene che la teoria del diritto di Dewey
faccia parte della tradizione della dottrina storico-sociologica, con
cui condivide lo studio delle fonti sociali del diritto e il
carattere creativo delle decisioni dei giudici.
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