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164856
IDG860700201
86.07.00201 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Bessone Mario
Una "politica" del Consiglio Superiore della Magistratura?
Giur. merito, an. 18 (1986), fasc. 2, pt. 4, pag. 440-443
D0231
Guardando a venticinque anni di attivita' del Consiglio Superiore della Magistratura, l' A. segnala con forza l' esigenza di una riflessione degli studiosi che muova da una rigorosa analisi delle norme costituzionali. In particolare, l' A. osserva che nel disegno delle norme costituzionali il Consiglio Superiore della Magistratura e' organo di garanzia della intransigente difesa dell' indipendenza della magistratura, il suo ruolo consistendo appunto nell' elaborare strumeni di governo amministrativo e disciplinare dell' ordine giudiziario tutti orientati in direzione di quella garanzia. Al tempo stesso l' A. osserva che nel disegno costituzionale non esiste alcuna legittimazione del Consiglio Superiore della Magistratura allo svolgimento di un ruolo politico (o di orientamento politico della magistratura). In questa prospettiva, l' A. opera una concisa sintesi delle esperienze di governo del giudiziario maturate dal Consiglio Superiore della Magistratura dagli anni Sessanta alle tormentate esperienze degli anni Ottanta, che nel loro insieme valuta in modo fortemente positivo. A suo avviso, anche negli anni piu' recenti, non sono tuttavia mancati i fenomeni di segno negativo, che in misura decisiva si devono a tre ordini di fattori: lo stato di autentico degrado della legislazione di ordinamento giudiziario, le proiezioni sul Consiglio stesso degli interessi di corporazione (attivati dalle organzzazioni di corrente della magistratura), le interferenze della politica nelle cose del giudiziario. Da cio' visibili punti di caduta del disegno costituzionale e, a sentire l' A., una autentica crisi di identita' del Consiglio Superiore della Magistratura, diventata particolarmente grave nel corso degli anni Ottanta. Una crisi di identita' tanto piu' inquietante se mai "politica" del Consiglio Superiore e suo indirizzo politico dovessero significare prassi di governo amministrativo e di governo disciplinare della magistratura esposte al rischio di interferenze nel modo di svolgimento dell' attivita' giurisdizionale. Come osserva l' A., il giudice infatti e' soggetto soltanto alla legge, e non e' pensabile che sia al tempo stesso soggetto ai poteri discrezionali di un Consiglio Superiore della Magistratura politicamente orientato orientato. Muovendo da queste premesse, il discorso dell' A. svolge percio' rilievi fortemente polemici nei confronti dei progetti di ingegneria istituzionale oggi in corso di elaborazione presso i teorici di una qualche soggettivita' politica dell' organo di governo della magistratura, che per i motivi indicati sembrano essere pericolosamente eversivi del disegno delle norme costituzionali.
Ist. dir. agrario - Univ. FI



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