| Guardando a venticinque anni di attivita' del Consiglio Superiore
della Magistratura, l' A. segnala con forza l' esigenza di una
riflessione degli studiosi che muova da una rigorosa analisi delle
norme costituzionali. In particolare, l' A. osserva che nel disegno
delle norme costituzionali il Consiglio Superiore della Magistratura
e' organo di garanzia della intransigente difesa dell' indipendenza
della magistratura, il suo ruolo consistendo appunto nell' elaborare
strumeni di governo amministrativo e disciplinare dell' ordine
giudiziario tutti orientati in direzione di quella garanzia. Al tempo
stesso l' A. osserva che nel disegno costituzionale non esiste alcuna
legittimazione del Consiglio Superiore della Magistratura allo
svolgimento di un ruolo politico (o di orientamento politico della
magistratura). In questa prospettiva, l' A. opera una concisa sintesi
delle esperienze di governo del giudiziario maturate dal Consiglio
Superiore della Magistratura dagli anni Sessanta alle tormentate
esperienze degli anni Ottanta, che nel loro insieme valuta in modo
fortemente positivo. A suo avviso, anche negli anni piu' recenti, non
sono tuttavia mancati i fenomeni di segno negativo, che in misura
decisiva si devono a tre ordini di fattori: lo stato di autentico
degrado della legislazione di ordinamento giudiziario, le proiezioni
sul Consiglio stesso degli interessi di corporazione (attivati dalle
organzzazioni di corrente della magistratura), le interferenze della
politica nelle cose del giudiziario. Da cio' visibili punti di caduta
del disegno costituzionale e, a sentire l' A., una autentica crisi di
identita' del Consiglio Superiore della Magistratura, diventata
particolarmente grave nel corso degli anni Ottanta. Una crisi di
identita' tanto piu' inquietante se mai "politica" del Consiglio
Superiore e suo indirizzo politico dovessero significare prassi di
governo amministrativo e di governo disciplinare della magistratura
esposte al rischio di interferenze nel modo di svolgimento dell'
attivita' giurisdizionale. Come osserva l' A., il giudice infatti e'
soggetto soltanto alla legge, e non e' pensabile che sia al tempo
stesso soggetto ai poteri discrezionali di un Consiglio Superiore
della Magistratura politicamente orientato orientato. Muovendo da
queste premesse, il discorso dell' A. svolge percio' rilievi
fortemente polemici nei confronti dei progetti di ingegneria
istituzionale oggi in corso di elaborazione presso i teorici di una
qualche soggettivita' politica dell' organo di governo della
magistratura, che per i motivi indicati sembrano essere
pericolosamente eversivi del disegno delle norme costituzionali.
| |