| L' A. prende in esame il problema del risarcimento del danno
conseguente alla svalutazione monetaria nelle obbligazioni pecuniarie
durante il periodo di mora del debitore, sulla scorta della piu'
recente giurisprudenza delle Sezioni Unite del Supremo Collegio. Ne
condivide le scelte per quanto attiene alla esclusione di meccanismi
automatici nella determinazione del corrispettivo risarcitorio; non
altrettanto per cio' che riguarda la proposta (ripresa da altra
pronuncia) di ripartire in quattro categorie il ceto creditorio,
riferendo a ciascuna di esse, per via presuntiva, risarcimenti
differenziati. Ribadisce cosi' le critiche gia' precedentemente
svolte dalla dottrina contro tale proposta, ampliandone la portata
con riferimento ad alcuni tentativi di chiarificazione del criterio
ordinatorio introdotti dalla piu' recente pronuncia. Suggerisce, per
la quantificazione del danno da svalutazione, in sostituzione dell'
aggancio agli indici ISTAT che misurano il saggio di inflazione, il
riferimento a parametri che sono propri del mercato finanziario
(rendimento o costo del denaro). Ribadisce la sussistenza dell' onere
probatorio per il creditore circa l' effettivo impiego del denaro,
reputando non appagante la soluzione cui si perviene attraverso l'
abuso di "tecniche presuntive", ma mitiga il rigore di tale onere
attraverso il ricorso, in caso di insufficienza degli elementi
probatori offerti dal creditore, al criterio della valutazione
equitativa (previsto dall' art. 1226 c.c. ) ed inteso non come
riconoscimento automatico e necessario del danno, ma come criterio di
verifica della sussistenza dell' an e della sua quantificazione. In
tale ipotesi ritiene che la misura risarcitoria possa essere
rappresentata dall' applicazione dell' interesse sui depositi bancari
mediamente praticato nell' arco di tempo intercorrente tra il momento
della scadenza dell' obbligazione e quello dell' effettivo
adempimento. Per quanto attiene, infine, alla posizione del creditore
appartenente alla categoria dei pensionati, l' A. ne sostiene la
assimilazione a quella del creditore lavoratore, tutelata dal
combinato disposto degli artt. 429 comma 3 c.p.c. e 150 disp. att.
c.p.c. ed auspica, pertanto, l' applicazione degli stessi meccanismi
rivalutativi anche a tale categoria di soggetti, in considerazione
della qualita' del credito vantato.
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