| Il tema di questa relazione riguarda la discussione sul cambiamento
del rapporto tra "cultura giuridica" (come e' stato sviluppato e
conservato dai giuristi) e le riforme istituzionali nel contesto del
sistema politico italiano durante gli ultimi quarant'anni. All'
inizio, l' A. puntualizza che questa discussione puo' essere condotta
con efficacia solamente abbandonando il presupposto tradizionale di
formalismo giuridico, dove i giuristi, quando si trovano di fronte a
problemi di ingegneria costituzionale o istituzionale, possono
operare e lo fanno veramente in una maniera libera da valori. Al
contrario, nonostante il modo con cui i problemi individuali e di
riforma istituzionale vengono affrontati dai giuristi, non si possono
evitare scelte cariche di valore. L' A. identifica tre tipi di
riforme istituzionali: a) Riforme di attuazione che sono il risultato
di attivita' di adeguamento dell' ordinamento allo schema normativo
costituzionale come, nel caso italiano, l' istituto della Corte
Costituzionale e della Corte Suprema. Questo tipo di riforma
istituzionale ha caratterizzato il periodo quando una coalizione
centrista era al governo, dalla fine degli anni '40 all' inizio degli
anni '60. Questo tipo di riforma costituisce la provincia naturale
del giurista che procede in maniera autosufficiente, usando la
propria metodologia, per determinare se nuove proposte di istituzioni
sono congruenti con la costituzione. b) Riforme di modernizzazione
come quelle che trattano il problema della p.a. e il sistema fiscale
cercando di renderli ambedue piu' efficaci e coerenti con le
richieste socio-economiche. Questi sono i tipi di attivita' di
riforma che prevalevano durante la coalizione del Centro-Sinistra,
dai primi degli anni '60 alla meta' degli anni '70. Qui il problema
centrale e' quello di trasformare le istituzioni pubbliche per
renderle congruenti con una societa' cambiata. In questo contesto il
giurista impiegato come politologo lavora con dati e materiali a lui
estranei e dovrebbe percio' utilizzare i metodi e contributi
sostanziali delle scienze sociali e in particolare quelli delle
scienze amministrative. c) Riforme di innovazione radicale che
vengono discusse oggi, e coinvolgono problemi come la
ristrutturazione di base del sistema elettorale e la proposta di
cambiare il sistema politico da parlamentare a presidenziale o
quasi-presidenziale (questo ultimo esempio coinvolgendo emendamento
costituzionali). Lo scopo qui e' quello di trasformare le istituzioni
politiche per creare condizioni migliori di esecuzione all' interno
di una cultura politica statica e frammentata. Con riforme di questo
genere i giuristi si trovano fuori dal loro ambiente: loro lavorano
bene con la politica, nonostante cerchino di nascondere questo fatto.
Se vogliono evitare una posizione semplicemente partigiana, devono
capire e usare i dati, i metodi, e le strutture concettuali della
scienza e la sociologia politica. Comunque quando lo fanno, tendono
ad usare contributi della scienza politica per sostenere le proprie
argomentazioni politiche - preformulate - o quelle dei partiti con le
quali si identificano (che non aiuta un sistema politico statico a
rompere il proprio circolo vizioso). Purtroppo la situazione e' resa
ancor piu' difficile dal fatto che la scienza politica italiana e'
frammentata secondo il disegno del sistema politico. Per concludere,
un ruolo costruttivo dei giuristi - soprattutto nel contesto del
terzo tipo di riforma descritto precedentemente - dipende dalla loro
capacita' e volonta' ad adottare i metodi di scienza politica e i
concetti che sono ancora seriamente carenti in Italia.
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