Banche dati professionali (ex 3270)
Stampa giuridica

Documento


167961
IDG850910094
85.09.10094 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Gebbia Giuseppe
Realta' e gestione del mafioso detenuto
Relazione presentata al Convegno Nazionale Magistrati, Palermo, 21-23 gennaio 1983
Rass. penit. crim., an. 5 (1983), fasc. 2-3, pag. 727-742
D51310; D6440
Premesso un quadro allarmante della situazione dell' edilizia penitenziaria in Sicilia ed in particolare a Palermo, dovuta alla mancanza di strutture adeguate, all' inverosimile sovraffollamento, alla presenza negli istituti di numerosissimi detenuti che sono capi, gregari e fiancheggiatori della mafia, l' A., sottolinea che la mafia stessa trova nel carcere - che diventa spesso "sede legale" delle proprie cosche - il serbatoio in cui e' facile reclutare manovalanza criminale, in cui si pongono in atto crimini anche gravi (quali l' omicidio), intimidazioni, e tutta una serie di azioni tendenti ad occultare, inquinare, distruggere le prove. Auspica che i mafiosi arrestati siano assegnati a stabilimenti lontani dal luogo di residenza o in cui hanno operato e pone in evidenza il fatto che il mafioso non e' un emarginato, cerca di dare di se' una immagine di rispettabilita' e di ordine, e' ossequiente alla custodia, protegge i detenuti piu' deboli. Non e' certo il carcere a dare al detenuto lo "status" di mafioso: se mai nel carcere si misura lo spessore della mafiosita' di certi soggetti. Sottolinea peraltro che l' osservanza da parte del mafioso delle regole del carcere e' soltanto apparente e che il problema dominante e' quello della salute, fisica e psichica, attraverso il quale il detenuto cerca spazi di liberta', ricoveri in ospedale, maggiori contatti con l' esterno, liberta' provvisoria, arresti domiciliari, ecc.. La tendenza alla esasperazione della malattia e la simulazione dominano incontrastate e il Magistrato e' costretto a svolgere numerose, complesse e delicate indagini allo scopo di accertare se i motivi addotti siano effettivamente gravi e sussistenti. A tale scopo auspica che venga istituita in sede regionale una apposita sezione carceraria, sia pure nell' ambito di un ospedale pubblico, in cui poter procedere - mediante personale specializzato - a tutti gli accertamenti. Sottolinea la pericolosita' dei colloqui concessi con estranei allo scopo di compiere atti giuridici che potrebbero attuare la dispersione del patrimonio del detenuto mafioso e sottrarlo al sequestro. Pone anche il problema del trattamento da riservare ai mafiosi "pentiti" che si siano dissociati in modo sicuro e concretamente e che abbiano concorso a far scoprire e condannare gli autori di reati di mafia, nonche' quello delle misure alternative alla detenzione (affidamento e semiliberta') che, nei confronti del mafioso, dovrebbero, anche nel caso di pene per reati non compresi nella elencazione di cui all' art. 47, comma 2 della legge penitenziaria imporre - se concesse - particolari prescrizioni intese ad evitare in ogni caso che il mafioso ritorni nei luoghi in cui ha operato o nei quali ha - per provvedimento di prevenzione - divieto di ritornare e di operare. Sottolinea che vi sono detenuti mafiosi "irrecuperabili", autori di reati gravissimi, di alta pericolosita', nei cui confronti non puo' che attuarsi un sistema di differenziazione pur temporanea con il rispetto di regole precise, cosi' come suggerito da alcuni disegni di legge gia' presentati al Parlamento in tema di modifica dell' art. 90 della legge penitenziaria. Infine affronta la questione della malattia mentale e dell' Ospedale Psichiatrico Giudiziario, della pericolosita' sociale dell' infermo di mente prosciolto da gravi imputazioni, della sentenza n. 139 dell' 8 luglio 1982 della Corte Costituzionale e suggerisce che - almeno - si faccia luogo al giudizio di guarigione del mafioso prosciolto dopo un periodo di esperimento, piu' a lungo di quello dell' attuale "licenza finale" (che e' di soli sei mesi), attuato a mezzo di liberta' vigilata per anni e con possibilita' di rientro in O.P.G. in caso di violazione delle prescrizioni o di riacutizzazione della malattia.
l. 26 luglio 1975, n. 354 l. 12 agosto 1982, n. 532 l. 13 settembre 1982, n. 646 C. Cost. 8 luglio 1982, n. 139
Centro diretto da M. Fameli - IDG Firenze



Ritorna al menu della banca dati