| Nell' articolo e' affrontato il problema dell' ambiguita' delle
espressioni deontiche: a differenza degli imperativi, che sono usati
normalmente per emettere comandi o porre proibizioni, gli enunciati
deontici (in cui compaiono termini deontici del tipo "deve", "puo'",
"obbligatorio", "permesso", ecc.), sono tipicamente ambigui, in
quanto la stessa successione di parole puo' essere usata per mettere
una prescrizione o anche per asserire che una certa prescrizione
esiste; nel primo caso l' enunciato deontico esprime una norma, nel
secondo una proposizione sulle norme, che l' A., chiama "proposizione
normativa". Nei primi sistemi di logica deontica non si riscontra una
chiara consapevolezza del problema. Nell' evoluzione del suo pensiero
von Wright perviene a una chiara individuazione dell' ambiguita'
degli enunciati deontici, ma mantiene tale ambiguita' anche nello
sviluppo completo del suo sistema. C.E. Alchourron riprende l' idea
di von Wright mostrando le differenze e le condizioni di isomorfismo
tra logica delle norme e logica delle proposizioni normative. D'
altra parte - afferma - l' A. - la tesi di coloro che sostengono che
esistono relazioni logiche tra le norme non puo' essere fondata ne'
sull' affermazione che anche le norme sono vere o false, ne' sulla
semplice sostituzione di valori di validita' e invalidita' a quelli
di verita' e falsita'. Per contro chi rifiuta l' idea d' una logica
delle norme sostenendo che la logica deontica possa essere
interpretata soltanto come una logica di proposizioni normative deve
riuscire a dimostrare la specificita' di tali proposizioni rispetto
alle altre, se intende che alla logica deontica venga fondatamente
attribuita la dignita' di branca autonoma della logica
proposizionale. Una tale esigenza potrebbe considerarsi soddisfatta
sviluppando la logica deontica come logica dei sistemi dinamici. Tra
i filosofi del diritto, Bentham per primo distinse tra "imperativi
autoritativi" e "formulazioni anon autoritative" e tra "espressioni
direttamente imperative" ed espressioni indirettamente imperative".
Nelle opere di Kelsen si distingue invece tra Rechtsnorm e Rechtssat,
la prima emanata dall' autorita' legislativa, la seconda formulata
dalla scienza giuridica. Questa distinzione tuttavia non
corrisponderebbe a quella tra norme e proposizioni normative, in
quanto - secondo Kelsen - anche la Rechtssatz sarebbe un enunciato
del dover essere (ought-sentence); pertanto, oltre al dover essere
prescrittivo delle norme, esisterebbe il dover essere descrittivo
delle proposizioni della scienza giuridica. Secondo Ross alle norme
si contrapporrebbero le proposizioni normative considerate come
"asserzione", cioe' espressioni dotate di significato rappresentativo
e riferite a ipotetiche decisioni future dei tribunali in certe
condizioni. In Hart si trova una distinzione parallela tra regole
giuridiche e asserzioni sul diritto, queste ultime distinte in
asserti interni (fatti da coloro che accettano e usano le regole come
guida alla condotta) e asserti esterni (fatti da coloro che non
accettano le regole). Gli asserti esterni sarebbero asserti di fatto,
mentre gli asserti interni in realta' si rivelano all' analisi come
prescrizioni. Pertanto, una descrizione posivistica del diritto,
dovendo descrivere il diritto cosi' com' e' e non come dovrebbe
essere, non potrebbe tener conto degli asserti interni. Dworkin,
infine, parla di "asserti giuridici" (o "proposizioni di diritto")
come entita' distinte e dalle norme e dalle proposizioni normative e
caratterizzate dal fatto di essere prescrittive (come le norme) e,
nello stesso tempo, di poter essere vere o false (come le
proposizioni normative) in relazione non a fatti sociali o morali,
bensi' a "fatti di consistenza normativa". Cosi' pero' le
"proposizioni di diritto" di Dworkin avrebbero proprieta' tra loro
incompatibili. In conclusione la distinzione tra norme e proposizioni
normative e' stata individuata molto prima dai filosofi che dai
logici deontici, ma mentre questi ultimi hanno continuato a
servirsene, i primi hanno finito con l' abbandonarla, con risultati
sovente molto insoddisfacenti. L' A. ritiene, invece, che da tale
fondamentale distinzione non si possa prescindere in ordine a una
chiara trattazione del linguaggio normativo.
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