Banche dati professionali (ex 3270)
Stampa giuridica

Documento


168590
IDG870700029
87.07.00029 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Ferrari Antonio
Considerazioni in tema di mora credendi e di obblighi del datore di lavoro nelle more del procedimento amministrativo di ammissione al trattamento di integrazione salariale
nota a Trib. Lodi 10 settembre 1986 Pret. Lecce 7 marzo 1986
Giur. merito, an. 18 (1986), fasc. 6, pt. 1, pag. 1037-1049
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D7440; D7044; D7446; D305302
La l. 20 maggio 1975 n. 164 non ha espressamente previsto a carico del datore di lavoro l' obbligo di anticipare il trattamento di integrazione salariale prima dell' adozione da parte dei competenti organi del provvedimento di ammissione. La giurisprudenza di legittimita' e' prevalentemente orientata a ritenere che prima dell' emissione di detto provvedimento amministrativo, che e' elemento costitutivo del sorgere in capo al lavoratore del diritto al trattamento di integrazione salariale e del correlativo obbligo in capo all' INPS, nei confronti del quale il datore non e' che un adiectus solutionis causa o un mandatario ex lege, nulla da questi sia dovuto al lavoratore a titolo di integrazione salariale. Gran parte della dottrina e della giurisprudenza di merito ritengono tuttavia che il datore di lavoro, in forza dei principi della mora credendi, non possa ritenersi liberato dagli obblighi retributivi nelle more del procedimento amministrativo di ammissione alla C.I.G. Cassa Integrazione Guadagni, pur in presenza di una c.d. causa integrabile. A chi oppone che l' art. 7 della l. n. 164 del 1975 prevede a favore del lavoratore, che abbia perso parzialmente o totalmente il diritto all' integrazione salariale a cause della tardiva od omessa domanda di C.I.G. da parte del datore, solo un' azione a carattere risarcitorio nei confronti di quest' ultimo, si tende ad obiettare che detta norma non vale ad escludere l' obbligo retribuito in capo al datore di lavoro, che permane pur in presenza di una causa integrabile, ma solo a ridurlo all' equivalente della quota di Cassa Integrazione Guadagni. Ma il chiaro enunciato testuale della norma in questione non conforta tale indirizzo interpretativo, altrimenti le conseguenze della diligenza e della negligenza da parte del datore sarebbero le stesse e la norma dovrebbe ritenersi inutiliter scripta. In realta' cio' che importa e' se si sia o no in presenza di una causa integrabile, il ricorrere della quale vale di per se', a prescindere dal provvedimento amministrativo, a far sorgere il diritto all' integrazione salariale a favore del lavoratore, diritto che deve farsi valere nei confronti dell' ente previdenziale che gestisce la Cassa Integrazioe Guadagni, e non gia' nei confronti del datore di lavoro, il quale, al verificarsi della causa integrabile, che deve apprezzarsi alla stregua di "motivo legittimo" ai sensi dell' art. 1206 c.c., e' legittimato a sospendere le prestazioni lavorative ed esonerato dall' obbligo di corrispondere la retribuzione.
art. 1206 c.c. art. 12 comma 1 d.lg.lt. 9 novembre 1945, n. 788 art. 7 l. 20 maggio 1975, n. 164 art. 15 l. 8 agosto 1972, n. 457 Trib. Milano 20 luglio 1977 Cass. 28 novembre 1979, n. 6246 Cass. 8 maggio 1982, n. 29
Ist. dir. agrario - Univ. FI



Ritorna al menu della banca dati