| Nota adesiva a Corte d' Appello di Roma 20 agosto 1984, che,
confermando in pieno la sentenza di primo grado, ha affermato che la
capacita' d' intendere e di volere d' un minore ultraquattordicenne
e' un concetto squisitamente giuridico (consistente nella capacita'
di distinguere il bene dal male, l' onesto dal disonesto, e nella
capacita' di autodeterminarsi nella scelta tra il bene ed il male) da
non confondere col diverso concetto psicologico di immaturita'.
Ugualmente corrette e pienamente condivisibili sembrano, poi, le
affermazioni secondo le quali l' imputabilita', avente carattere
relativo, va in concreto accertata in relazione alla natura dei reati
commessi ed all' eta' del soggetto agente, con la conseguenza che per
comprendere l' ingiustizia e l' immoralita' di fatti particolarmente
gravi non occorre una gra 1nde capacita' d' intendere e che eventuali
cause escludenti l' imputabilita' vanno rigorosamente valutate e
giustificate quando l' imputato (nella specie diciassettenne) sia
prossimo al raggiungimento della maggiore eta', nella quale la
capacita' e' presunta per legge, senza possibilita' di prova
contraria. L' annotata sentenza, ad avviso dell' A., merita piena
adesione non solo per l' esattezza delle sue argomentazioni
giuridiche, ma molto di piu' per la netta riaffermazione del valore
sacro della vita umana e per la ferma condanna di atti barbari ed
efferati - quali il parricidio che, contrariamente al mal vezzo dei
mass media che lo hanno spesso esaltato, non possono trovare, per
nessun motivo, giustificazione alcuna.
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