| La rilettura delle ultime opere di Zerboglio e in particolare del "L'
uomo delinquente", pubblicato nel 1924, indica come troppo spesso l'
odierna antropologia criminale abbia costruito le novita' delle
proprie indicazioni teoriche sulla base di una revisione che non
teneva in debito conto le contraddizioni interne allo stesso
positivismo criminologico, contraddizioni emerse dal dibattito tra
positivisti che si era sviluppato nei primi anni del Novecento, e che
vide Zerboglio - avvocato, professore universitario, uomo politico -
tra le personalita' piu' significative. Un' attenta lettura dei
richiami presenti nell' "Uomo delinquente" e nel "Cesare Lombroso"
mostra che non era possibile alcun aggiornamento del positivismo
criminologico. Infatti l' esito non dogmatico della crisi del
positivismo non poteva essere che una sorta di scetticismo. Il
cammino di Zerboglio, a questo proposito, e' significativo: una
rilettura "aggiornata" della Scuola Classica, il rifugio di un'
analisi prettamente esegetica del diritto penale. Le critiche rivolte
all' antropologia criminale (sostanziale identificazione tra
delinquenza e anomalia, sovrapposizione dei concetti di delinquente e
uomo delinquente), certamente corrette, non gli consentono pero' di
individuare nuovi rapporti tra antropologia criminale e diritto
penale e, tanto meno, forniscono indicazioni in positivo per la
costruzione di un nuovo metodo in criminologia. Due meriti
innegabili, e non certamente secondari, vanno tuttavia ascritti a
Zerboglio: aver dato, con le sue opere giovanili, un apporto
fondamentale allo studio di importanti problemi sociologici e
giuridici e all' interpretazione del diritto penale; e avere, in
seguito, con le sue critiche, richiamato, in quanto positivista, l'
attenzione degli studiosi sui limiti del positivismo criminologico.
Per questo, il nome di Zerboglio va ricordato, ed anche per aver
rammentato come "il problema penale continui ad essere uno dei piu'
complessi, meritevole di libera speculazione, soggetto a lasciare,
forse perennemente, insoddisfatto il nostro spirito desideroso di
soluzioni definitive, ed in pari tempo dominato dall' ansia di
appagare quel senso istintivo, di vendetta in una volta e di
giustizia, che ci porta a voler retribuito il male col male".
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