| L' A., precisato che oggetto della sua attenzione e' la fattispecie
in cui il segretario comunale non sia concorrente nel reato degli
amministratori ex art. 110 c.p., bensi' si trovi a percepire, in
funzione del suo ruolo, una condotta di reato da parte degli
amministratori stessi durante l' assunzione di deliberazioni,
riconduce la problematica sotto il paradigma dell' art. 40 cpv. c.p..
Evidenzia, quindi, gli elementi costitutivi della condotta omissiva
penalmente rilevante ex art. 40 cpv. c.p., ed affronta il quesito se
il segretario comunale possa e debba ritenersi titolare d' una
posizione di garanzia rispetto alla legalita' ed alla liceita' delle
deliberazioni degli organi comunali, condizione imprescindibile
perche' lo si possa ritenere responsabile, ai sensi dell' articolo
citato, del reato eventualmente consumato attraverso quelle
deliberazioni. Ritiene l' A. che al segretario comunale non competa
una tale posizione nell' assetto organico del Comune, e che egli sia
un mero ufficiale rogante della volonta' espressa dagli organi
collegiali, con la sola facolta' di esprimere, rispetto ad essa, un
consiglio di orientamento. A lui compete, pero', essendo pubblico
ufficiale per eccellenza, un obbligo di rapporto, ex art. 2 c.p.p.,
per eventuali reati percepiti nell' esercizio delle sue funzioni.
Dimostra l' A. la fondatezza della tesi sostenuta con richiamo, "a
contrario", di fattispecie particolari in cui il legislatore stesso
espressamente ascrive al segretario comunale il ruolo del controllore
e del garante della legalita' dell' azione amministrativa (controllo
sugli atti di spesa e controfirma dei mandati di pagamento).
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