| Il nuovo testo dell' art. 2120 c.c., che consente, in certe
condizioni, un' anticipazione del trattamento di fine rapporto di
lavoro, per consentire l' acquisto della prima casa di abitazione, e'
formulato in modo assai poco perspicuo, creando divergenti
interpretazioni. Talune decisioni di merito sostengono che l'
anticipazione deve intervenire in un momento anteriore all' acquisto,
altre invece che la richiesta di anticipazione presuppone l' avvenuto
acquisto definitivo del bene. La giurisprudenza della Cassazione e'
orientata, nell' unica decisione nota, in questo ultimo senso. Si
reputa comunemente che l' espressione "acquisto della prima casa"
comprenda qualsiasi atto giuridico idoneo a determinare l'
acquisizione della proprieta', rimanendo esclusi i negozi di acquisto
di diritti diversi e quelli che non abbiano la necessaria concludenza
in ordine all' acquisto della proprieta'. Deve in ogni caso ritenersi
che lo strumento notarile non sia surrogabile da equipollenti. La
dottrina e' proclive ad ammettere che, in assenza di contrattazione
collettiva, il datore di lavoro possa prefissare unilateralmente
criteri di priorita' per l' accoglimento delle domande di
anticipazione, ma siffatto potere non ha fonti normative, per cui
unico criterio accettabile e' quello cronologico, eventualmente
integrato dal sorteggio. La normativa in questione, sommaria e
insufficiente, ha rimesso il proprio completamento alla
contrattazione collettiva, che e' pero' assente nella maggior parte
dei comparti produttivi. Ricade percio' sui giudici l' onere di una
interpretazione che finisce per invadere il campo della creazione
normativa.
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