Banche dati professionali (ex 3270)
Stampa giuridica

Documento


179773
IDG891507261
89.15.07261 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Ferrari Antonio
Sui limiti interni ed esterni del potere imprenditoriale di scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione
Nota a Trib. Milano 18 ottobre 1986
Giur. merito, an. 21 (1989), fasc. 2, pt. 1, pag. 334-345
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D7044; D7449
Dopo la sentenza della Corte Costituzionale 23 giugno 1988 -che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimita' costituzionale delle norme in materia di cassa integrazione guadagni in quanto non prevedono, nei casi di intervento straordinario, l' obbligo per le imprese di adottare nelle sospensioni dei lavoratori criteri di rotazione o di ripartizione in misura uguale per tutti della riduzione di orario- si e' venuto ormai consolidando nella giurisprudenza, quasi alla stregua di "diritto vivente", l' indirizzo secondo il quale il potere di scelta del datore di lavoro e' vincolato da limiti interni, insiti nella congruenza o coerenza del provvedimento sospensivo con le finalita' specifiche cui e' preordinato l' istituto dell' integrazione salariale, e da limiti esterni, dettati dalla normativa legale di tutela, nonche' dai generali obblighi di correttezza e buona fede. Tuttavia il sindacato giudiziale in ordine all' osservanza dei limiti interni, pur esercitandosi sugli stessi elementi probatori, giunge non di rado a risultati diametralmente divergenti, fondando il timore di una gestione delle crisi aziendali non esente da compiacenze ideologiche, con grave sacrificio del valore della certezza del diritto. Tale conseguenza e' da ricondursi alla fragile consistenza dogmatica del citato indirizzo giurisprudenziale, che ha oscillato tra l' impiego privatistico dalla nozione di interesse legittimo (seguendo la linea inaugurata da Cass. sez. un. 2 novembre 1979, n. 5688) e il ricorso alla concezione causale del negozio giuridico. Se la prima tendenza ha finito per ridursi al generico richiamo ai doveri di correttezza e buona fede, la seconda sembra essere quella che maggiormente si e' imposta, benche', a rigore, non abbia senso parlare di causa riguardo all' atto unilaterale di scelta del lavoratore da porre in cassa integrazione, posto che la verifica del requisito causale (intesa la causa come ragione giustificativa di uno spostamento patrimoniale) puo' ammettersi solo per i contratti e per i negozi unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. Di diversa consistenza appaiono invece i limiti esterni al potere datoriale di scelta, per i quali soltanto puo' parlarsi di un idoneo supporto normativo (art. 15 l. 20 maggio 1970, n. 300 e art. 4 l. 15 luglio 1966, n. 604). Al riguardo, pero', i problemi piu' scottanti si pongono sul terreno processuale, attenendo all' onere della prova e alle conseguenze sanzionatorie delle scelte datoriali di sospensioni riscontrate illegittime alla stregua dell' osservanza dei limiti esterni. Non puo' negarsi una certa disinvolta prassi di deroga al principio scolpito dall' art. 2697 c.p.c., generalmente giustificata con un' inammissibile applicazione analogica dell' art. 5 l. 604 del 1966. Quanto alle conseguenze sanzionatorie, e' da approvare l' indirizzo costantemente seguito dalla Cassazione, che sostiene che la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede comporta l' annullabilita' dell' atto, con effetti soltanto risarcitori, mentre la discriminazione per motivi illeciti determina la nullita' dell' atto, con effetti ripristinatori.
art. 4 l. 15 luglio 1966, n. 604 art. 5 l. 15 luglio 1966, n. 604 art. 15 l. 20 maggio 1970, n. 300



Ritorna al menu della banca dati