| L' introduzione del factoring nel nostro sistema ha posto all'
attenzione della dottrina e della giurisprudenza una serie di
problemi, in particolare quello della disciplina applicabile. Il
factoring consiste in una cessione globale dei crediti presenti e
futuri da parte di un imprenditore al factor. Lo strumento utilizzato
e', quindi, quello della cessione del credito, istituto ben noto alla
pratica e disciplinato dal codice civile (artt. 1260-1267), che
presenta, pero', talune difficolta' nel momento applicativo del
factoring. Proprio perche' realizza una cessione in massa dei
crediti, una parte della dottrina costruisce il suddetto contratto
come unitario e quindi idoneo a determinare il trasferimento
immediato dei crediti. Tale configurazione incontra nel nostro
ordinamento l' ostacolo dato dalla previsione legislativa della
determinazione dell' oggetto contrattuale. Sembra, pertanto,
preferibile configurare il factoring come contratto preliminare cui
fa seguito una serie ripetuta di cessioni in esecuzione dell' accordo
iniziale. Anche la natura del factoring e' stata oggetto di
discussioni. Si e' tentato di ricondurlo a contratti nominati che
presentino caratteristiche ad esso comuni o simili. Ma si e' concluso
che il factoring, data la molteplicita' di funzioni cui e' diretto,
e' irriducibile ad uno schema legale. Tale conclusione lascia, pero',
impregiudicato il problema della disciplina applicabile. L'
impossibilita' di una sua collocaz ione tipologica e l' insufficienza
della normativa generale dei contratti porta a ritenere che l' unica
soluzione possibile sia quella di procedere ad un atipizzazione delle
singole prestazioni in esso previste; soluzione che, peraltro, sembra
accolta da un recente progetto di legge.
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