| L' A., nel commentare la sentenza del Tribunale Militare di Padova,
si sofferma sul rapporto fra la diminuente prevista dalla normativa
sul patteggiamento ed i limiti legali minimi di pena, condividendo,
solo in parte, le soluzioni accolte dai giudici militari. L' A. muove
dalla considerazione dell' ammissibilita' di oltrepassare i minimi
edittali di pena per effetto dell' applicazione di detta diminuente,
dovendosi la stessa ritenere estranea alla categoria delle
circostanze del reato e alla disciplina di cui agli artt. 132 c.p. e
26 c.p.mil.p. Tale acquisizione implica: la compatibilita' col
principio di legalita'; l' esclusione, da parte del giudice, di un
sindacato di merito sulla congruita' della pena concordata dalle
parti, nonche' l' autonomia concettuale e giuridica della diminuente.
L' A. giunge, altresi', a considerare il patteggiamento sulla pena
una sorta di applicazione oggettiva della sanzione e a ricondurre lo
stesso (patteggiamento) nella categoria dei fatti preclusivi. Infine,
in relazione alla quantita' di riduzione della pena, per effetto
dell' applicazione della diminuente, l' A. aderisce alla tesi che
interpreta la locuzione "fino a un terzo" riferita alla misura della
pena ridotta, che, quindi diventa riduzione di due terzi.
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