| L' A. collega la "ragion d' essere del volontariato e della sua
necessita'" all' evoluzione del diritto penale e della stessa
concezione della pena, secondo cui l' uomo privato della sua liberta'
deve essere considerato non piu' "oggetto", ma "soggetto", portatore
di diritti e doveri, da considerare a tutti gli effetti "persona" da
inserire nel contesto sociale. Fra gli operatori chiamati ad attuare
tale finalita' il legislatore non poteva, pertanto, non coinvolgere
il volontariato, piu' volte espressamente richiamato nell'
ordinamento penitenziario (l. 354/1975) e relativo regolamento di
esecuzione (d.p.r. 431/1976). Numerose sono le disposizioni di legge
che l' A. cita sostenendo, fra l' altro, che il legislatore
coinvolgendo il volontariato sia stato mosso anche da una necessita'
psicologica: il volontariato, infatti, prestando un' opera tecnica,
qualificata, ma libera e gratuita, puo' senz' altro dare al detenuto
quel calore umano indispensabile a far rinascere in lui la speranza
di un futuro migliore. L' A. conclude che il volontariato, per la
realizzazione dei suoi fini, non puo' prescindere da una seria
organizzazione che intervenga fattivamente nell' opera di una
prevenzione generale e specifica ed in quella di recupero e di
reinserimento sociale dei singoli, suggerendo anche alcuni compiti
specifici ai quali il volontariato deve rivolgere la propria
attenzione.
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