| In merito ad una ipotesi di esercizio abusivo della professione di
chimico analista da parte di un medico preposto alla direzione di un
laboratorio di analisi presso un presidio sanitario, non appare
corretta una pronuncia di assoluzione perche' il fatto non
costituisce reato per assenza di dolo qualora il giudicante riconosca
la farraginosa contraddittorieta' e frammentarieta' delle norme
contenute nelle leggi, nei regolamenti e nei decreti che si sono
andati sovrapponendo nella disciplina della materia. Piu' appropriata
si delinea una pronuncia perche' il fatto non costituisce reato
versando l' imputato in ignoranza scusabile della legge penale o,
meglio ancora, sulla scorta di una lucidissima e corretta
impostazione proposta dallo Stortoni, di assoluzione perche' il fatto
non e' previsto dalla legge come reato. A favore della prima delle
soluzioni va osservato che, oltretutto, la motivazione della sentenza
n. 364 del 1988 della Corte Costituzionale offre un saldo e certo
riferimento utilizzabile, ai fini del corretto svolgersi del discorso
giustificativo della pronuncia di merito, senza bisogno di
particolari passaggi critici o interpretativi. Allargare, come il
giudicante ha fatto nella sentenza annotata, l' ambito dell' indagine
condotta fino a riconoscere un irrimediabile vuoto legislativo
determinato dall' assoluta oscurita' delle norme per, poi, giungere
ad un' assoluzione per mancanza di dolo significa -tutto sommato-
fallire il risultato che l' operazione logica condotta avrebbe dovuto
raggiungere, perche' e' chiaro a tutti che il dolo non puo' entrare
in gioco se l' agente non sia stato messo in grado di riconoscere il
contenuto del comando e, quindi, di esprimere correttamente una
volonta' ad esso contraria.
| |