| L' A. ha cercato di richiamare particolarmente l' attenzione sul
problema della "emergenza polizze" essendosi negli ultimi anni
aggiunto, accanto alle forme di frode tradizionali, il riciclaggio
del c.d. denaro sporco: con conseguente alterazione sostanziale del
rapporto premio-rischio considerato l' infittirsi di polizze
assicurative stipulate esclusivamente come scelta del minor danno
rispetto al pagamento di "tangenti". Constatata pertanto la
difficolta' di perseguire penalmente il fenomeno in questione facendo
da un lato difetto, nell' assicurato, una scelta autonoma
riconducibile ad una libera determinazione, ed essendo, dall' altro
lato, l' assicuratore perfettamente a conoscenza della situazione a
rischio, l' A. ritiene che l' unica difesa per le compagnie di
assicurazione vada rintracciata sul piano contrattuale, ossia in una
modificazione delle relative clausole, al fine di stabilire un
equilibrio fra premi e garanzia assicurativa. Ipotesi diversa e'
invece quella del "gonfiamento" di valore delle cose assicurate,
trattandosi di profitto palesemente ingiusto realizzato in virtu' di
una scelta in alcun modo condizionata dalla necessita' di procedere
ad un' assicurazione, e punibile quindi a titolo di truffa. L' A.
sottolinea tuttavia l' inadeguatezza ed insufficienza delle vigenti
previsioni normative, e cio' non soltanto con riferimento all'
esigenza di una repressione dei comportamenti fraudolentemente
orientati in danno delle compagnie di assicurazione, ma altresi' per
cio' che attiene piu' propriamente alle stesse conseguenze
sanzionatorie, risolvendosi talora la norma incriminatrice della
frode in assicurazione di un trattamento di favore per il reo
rispetto alla disciplina che discenderebbe dalla norma generale sulla
truffa. Oltre ad una ristrutturazione del modello legale di reato l'
A. suggerisce quindi la previsione di un' aggravante qualora il fatto
venga commesso in danno di un ente pubblico.
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