| L' A. muove dalla domanda se l' evidente crisi delle istituzioni sia
di natura prevalentemente "tecnica", o invece derivi da cause ben
piu' profonde, tali da riguardare anche e specialmente la "forma di
Stato". Assumendo come ipotesi la seconda alternativa, l' A.
considera gli aspetti di conflitto tra le caratteristiche dello Stato
di diritto e quelle dello Stato sociale, e cerca di documentare
alcuni fenomeni emblematici nei quali il conflitto si esprime,
nonche' le corrispondenti implicazioni di carattere generale. Dopo
aver mostrato come i vari aspetti del conflitto si riassumano in una
progressiva dilatazione della "dimensione discrezionale", e nell'
"amministrativizzazione" del sistema giuridico, l' A. pone in risalto
come cio' s' intrecci con le caratteristiche assunte dal nostro
"sistema dei partiti". L' A. sottolinea quindi che, per un verso, l'
"amministrativizzazione" facilita l' occupazione partitocratica e
che, per altro verso, tale occupazione spinge sempre piu' nel senso
di un' ulteriore "amministrativizzazione". Nelle sue conclusioni,
peraltro, l' A. rileva come i fenomeni degenerativi della crisi
dipendano, in definitiva, da una cultura giuridico-politica basata
sul criterio di "effettivita'", e dalla diffusa concezione del potere
fine a se' stesso, in un contesto sociale che sempre piu' prescinde
dal rapporto con il sistema di regole ufficialmente in vigore. L' A.,
infine, suggerisce specialmente di ostacolare la dilatazione della
"discrezionalita'" ed i "privilegi" dei partiti, ma soprattutto di
acquisire piena coscienza delle piu' profonde ragioni della crisi.
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