| La giurisprudenza di legittimita', com' e' noto, sosteneva la
quinquennalita' del termine di prescrizione del diritto del
proprietario dell' immobile sottoposto alla c.d. occupazione
espropriativa (o acquisitiva). Questo principio, in particolare,
veniva dapprima affermato dalla celebre sentenza delle sezioni unite
della Cassazione n. 1464 del 1983 e, poi, costantemente riconfermato
dalla generalita' delle pronunce successive della Suprema Corte. Con
la sentenza n. 7210 del 1990 della I sezione della Cassazione si e'
assistito, di recente, ad un vero e proprio revirement, in tema,
dell' ordinamento giurisprudenziale di legittimita'. Questo ha, in
pratica, ricalcato e sviluppato quanto analogamente gia' sostenuto
negli ultimi tempi da piu' pronunce, cronologicamente anteriori, di
giudici di merito. infatti, gia', ad esempio, il Tribunale di Torino
e la Corte d' Appello di Caltanissetta avevano gradatamente
effettuato, sia pur con differenti sfumature, una separazione logica
fra il momento del mero possesso (o spossessamento) del bene e quello
traslativo della proprieta' del medesimo immobile. L' orientamento in
materia dell' anzidetta giurisprudenza di merito e' stato recepito e
portato ad ulteriore sviluppo dalla sentenza della Cassazione n. 7210
cit., la quale ha ritenuto che l' acquisto a titolo originario in
capo alla p.a. di un immobile illegittimamente occupato e sul quale
essa abbia realizzato un' opera pubblica conforme alla dichiarazione
di pubblica utilita', ma in assenza di legittimo provvedimento
espropriativo comporta il sorgere, per il privato gia' proprietario,
di un diritto di credito al controvalore del bene perduto,
assoggettato all' ordinario termine decennale di prescrizione. E
cosi' si e' passati, pure a livello di giurisprudenza di
legittimita', da un diritto al risarcimento a prescrizione
quinquennale al succitato "diritto al controvalore del bene perduto"
con conseguenziale termine ordinario decennale di prescrizione.
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