| Le sezioni unite hanno affrontato due questioni. La prima riguarda la
soluzione di un contrasto giurisprudenziale esistente in ordine ai
criteri di interpretazione dell' art. 280 c.p.p. Riguardo alla
seconda questione, sulla quale si incentra criticamente la nota, le
sezioni unite affermano che "ai sensi degli artt. 566 e 391 c.p.p. il
Pretore, in casi di arresto in flagranza, dopo aver sentito l'
arrestato deve limitarsi a provvedere in ordine alla convalida dell'
arresto, procrastinando, secondo il chiaro disposto della legge, l'
adozione delle misure cautelari all' esito del contestuale giudizio
direttissimo con la sentenza di condanna o con l' adozione di un
autonomo provvedimento nell' esercizio del potere di cui all' art.
279 c.p.p. e nell' osservanza delle condizioni stabilite dagli artt.
273, 274 e 280 c.p.p.". In sostanza, afferma l' A., viene
riconosciuta una ultrattivita', in deroga all' art. 391 c.p.p, della
convalida dell' arresto, finendo per affermare che tale titolo, in
assenza di uno specifico provvedimento applicativo di misure
coercitive, legittima il protrarsi dello status detentionis fino all'
esito del giudizio direttissimo.
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