| Questi i contenuti della sentenza, esposti dall' A.: la Cassazione,
nell' affrontare il problema della sorte dell' ordinanza-ingiunzione
emessa nei confronti dell' imprenditore fallito, ha innanzitutto
osservato che tale provvedimento e' assimilabile, quanto alla natura
e agli effetti, al decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo,
traendone la conclusione che, da un lato, non rileva il momento in
cui esso e' stato emesso, ma quello in cui e' stata commessa l'
infrazione, per stabilire la concorsualita' del credito e, dall'
altro, che non e' applicabile il comma 3 dell' art. 95 l. fall.
(secondo cui se il credito risulta da sentenza non passata in
giudicato, e' necessaria l' impugnazione se non si vuole ammettere il
credito). Trattandosi, percio', di un titolo inefficace nei confronti
del fallimento, e costituendo la legittimita' del titolo "un
antecedente logico necessario della pronunzia sulla richiesta di
pagamento", esaminabile, al pari di ogni altra questione
pregiudiziale, in sede di verifica, la pretesa obbligatoria fatta
valere dall' amministrazione non puo' che trovare ingresso nella
speciale sede dell' accertamento del passivo, nel cui ambito dovra'
essere affrontata ogni altra eccezione sollevabile dal curatore.
Tutto cio', a parere della Corte, non esclude tuttavia che il
curatore possa anche servirsi dell' opposizione al Pretore nell
'ipotesi in cui sussista un accertamento negativo dell' obbligazione
fatta valere. In questo caso, pero', la pronuncia deve limitarsi alla
declaratoria di inefficacia dell' ordinanza-ingiunzione e non puo'
investire altre ragioni di contestazione eventualmente dedotte dall'
opponente (curatore). La sentenza annotata esige, a parere dell' A.,
precisazioni anche sulla base delle altre indicazioni interpretative
elaborate in questa materia dalla stessa Cassazione.
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