| Da un esame della dottrina statunitense relativa alla "Due Process
Clause", se ne possono ricostruire i due principali modelli
classificatori, elaborati in base alle due possibili funzioni ad esso
attribuibili. Il primo intende il principio del giusto procedimento
come strumento per la tutela dei diritti costituzionali di "life,
liberty and property", e si e' storicamente articolato nelle diverse
accezioni di "Substantive Due Process", "Procedural Due Process" e
"Structural Due Process". Il secondo, invece, sviluppatosi piu'
recentemente, vede nella partecipazione popolare al procedimento
amministrativo l' unica legittimazione possibile all' esercizio del
potere da parte dell' Amministrazione stessa, ormai priva di quella
"transmission belt" che la legava al Parlamento, attraverso il
meccanismo fittizio della delega di funzioni. L' attuale dibattito
sul "Due Process", invece, verte non tanto sul suo ruolo, quanto sul
valore -strumentale o assoluto- da attribuirgli. I sostenitori del
valore assoluto del diritto al giusto procedimento nel propongono la
classificazione tra i principi costituzionali a tutela della
personalita', in quanto esso permetterebbe al cittadino di sentirsi
"a person rather than a thing" nei rapporti con l' amministrazione.
Ma la giurisprudenza della Corte Suprema, nonostante le apparenze,
non e' ancora giunta ad operare questa equiparazione, continuando a
negare la risarcibilita' della violazione di tale diritto in assenza
di lesione di un altro diritto "sottostante". La stessa
giurisprudenza della Corte Suprema, pero', induce a ritenere che,
qualora al "Due Process" venga attribuito un ruolo politico di
legittimazione dell' attivita' amministrativa, allora, e solo allora,
lo si potrebbe tutelare in modo assoluto, come assoluta e' la tutela
del diritto di voto.
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