| La l. 135/1990 ha disciplinato la questione del lavoratore affetto da
virus Hiv in modo parziale, mirando soprattutto alla tutela del
malato da possibili discriminazioni attraverso il rafforzamento della
gia' esistente garanzia di segretezza della malattia nei confronti
del datore di lavoro. Tale tutela, tuttavia, non tiene conto della
dinamica dei rapporti. Infatti, il lavoratore di cui si ignora l'
affezione da virus Hiv potrebbe essere adibito anche ad attivita'
dannose per il suo stato di salute; proprio per questo, egli potrebbe
sollevare la questione di responsabilita' ex art. 2087 c.c. nei
confronti del datore. Inoltre, la segretezza di tale malattia, specie
negli stadi piu' avanzati, appare con ogni evidenza piu' formale che
sostanziale, con conseguenti problemi di "governabilita'" dei
rapporti interni all' azienda. Una possibile soluzione e' l'
incentivare il lavoratore a rivelare al datore il proprio stato,
affinche' questi, con tutta riservatezza, adotti gli opportuni
provvedimenti. In tal senso, la contrattazione collettiva potrebbe
prevedere periodi di comporto prolungati, come gia' avviene nei casi
di TBC e di tossicodipendenza.
| |