| L' A., nel commentare la sentenza in rassegna, critica la soluzione
data dai giudici siciliani all' inedito problema della punibilita' o
meno del corruttore in atti giudiziari, con riferimento alla
fattispecie delittuosa prevista dall' art. 319 ter c.p. (introdotto
dalla l. 86/1990). Attraverso un' analisi logico-sistematica delle
norme, egli ritiene, infatti, di poter affermare che la c.d.
corruzione in atti giudiziari non e' mera circostanza aggravante
delle fattispecie base di cui agli artt. 318 e 319, bensi' autonoma
figura criminosa, che si caratterizza per la sua plurioffensivita',
ledendo non solo l' interesse al buon andamento e all' imparzialita'
della p.a., ma anche e soprattutto quello diverso dell'
amministrazione della giustizia. Trattasi, evidentemente, di un "quid
pluris" rispetto alle pretese ipotesi base che non sembra possa
qualificarsi semplicemente come circostanziate, costituendo, invece,
elemento costitutivo di una diversa fattispecie. Dalla diversa
qualificazione discendono conseguenze diverse in merito alla
punibilita' o meno del corruttore, non richiamando l' art. 321 c.p.
la norma di cui all' art. 319 ter cit.: certamente appare strano,
oltreche' inopportuno, che il corruttore in atti giudiziari vada
esente da pena. La spiegazione potrebbe rinvenirsi, in base all'
analisi dei lavori preparatori, in una "dimenticanza" o leggerezza
del nostro legislatore, nonostante il problema si fosse posto in sede
di discussione.
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