| L' A., nel commentare la sentenza in epigrafe, affronta la
controversa problematica della natura giuridica della fattispecie
criminosa introdotta dall' art. 319 ter c.p., concludendo a favore
della tesi dell' autonomia strutturale del reato. A sostegno di
questa impostazione vi e', in primo luogo, il rilievo che a detto
articolo viene fornita una intitolazione, "corruzione in atti
giudiziari", elemento, questo, che si appalesa decisivo ai fini della
impostazione che si propone, considerato che il legislatore non
fornisce mai in rubrica il titolo a una norma che prevede solo
ipotesi circostanziate; in secondo luogo, l' impossibilita' di
comprendere, a ragionare diversamente, perche' detta fattispecie -se
circostanza aggravante- non ha trovato la logica e naturale
collocazione nell' art. 319 bis c.p., appositamente creato per
individuare le ipotesi gravi dei reati di corruzione. La anzidetta
impostazione, poi, non e' di ostacolo alla punibilita' del corruttore
in atti giudiziari, che ad una prima lettura dell' art. 321 c.p.
sembrerebbe andare esente da pena. Il comportamento materiale in cui
si sostanzia la corruzione in atti giudiziari, infatti, e' comunque
inquadrabile nelle piu' generali ipotesi base di corruzione sopra
richiamate che, pertanto, saranno sempre applicabili al soggetto
attivo di tale condotta, in assenza di una norma speciale prevalente.
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