| L' A. procede alla disamina delle questioni piu' discusse in tema di
caparra confirmatoria. La prima attiene alla interpretazione della
clausola che attribuisce alla somma versata in sede di stipula,
funzione di caparra e di anticipo di pagamento; dizione questa solo
apparentemente contraddittoria ma che in realta' si richiama a quella
progressione individuabile nella configurazione giuridica di cio' che
una parte da' all' altra nella conclusione di un contratto: anticipo
sul prezzo se il rapporto procede regolarmente; pena privata ed
anticipata liquidazione del danno in caso di inadempimento, se si
opti per l' esercizio del diritto di recesso di cui all' art. 1385
comma 2; funzione di garanzia in vista del pieno risarcimento dei
danni se, sempre in ipotesi di inadempimento, si opti invece per la
risoluzione o l' esecuzione del contratto. In adesione all'
orientamento piu' recente, l' esercizio del recesso viene configurato
come uno speciale strumento di risoluzione, esercitabile in
alternativa col potere concesso dalla disposizione generale dell'
art. 1453, primo comma c.c.: sicche' esso opera di diritto, ha
efficacia retroattiva, richiede la gravita' dell' inadempimento, puo'
essere esercitato anche in corso di causa, senza che cio' configuri
"mutatio libelli"; unico limite al suo esercizio risulta quindi
essere il verificarsi di altra causa di risoluzione di diritto del
contratto che abbia precedentemente operato la risoluzione, anch'
essa di diritto e "ex tunc", del medesimo contratto. L' A. conclude
con una notazione critica relativa al principio secondo cui la
pattuizione della caparra consentirebbe di richiedere anche il
risarcimento del maggior danno, almeno quando sia consentito al
giudice accertare che questo non era compreso nella previsione della
clausola; tale principio, si osserva, tende a confondere penale e
caparra, svuotando di significato la facolta' di scelta concessa
dall' art. 1385 ed intorno alla quale ruota l' intero sistema voluto
dal legislatore.
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