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200653
IDG930900300
93.09.00300 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Pazienza Francesco
Riflettendo sui nuovi artt. 111 comma 2 e 112 comma 3 c.p.
Riv. it. dir. proc. pen., an. 35 (1992), fasc. 3, pag. 1091-1095
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D5013; D50122
Con il d.l. 346/1991 il legislatore, introducendo un secondo comma nell' art. 111 c.p. e un nuovo terzo comma nell' art. 112 c.p., ha dettato una nuova disciplina dell' aumento di pena previsto per chi, genitore esercente la potesta', abbia determinato il proprio figlio, non imputabile o non punibile, a commettere un delitto per il quale e' previsto l' arresto in flagranza, o si sia comunque avvalso del proprio figlio nel commettere tali reati. L' A. ritiene di difficile individuazione le ragioni di politica criminale che giustificano le nuove norme che, anzi, ad avviso dell' A., presentano profili di inopportunita' se non anche di illegittimita' per disparita' di trattamento nei confronti del genitore non esercente la potesta' o che ricopra l' ufficio di tutore. L' A. solleva perplessita' anche sulla formulazione letterale delle nuove fattispecie.
art. 7 comma 1 d.l. 29 ottobre 1991, n. 346 art. 7 comma 2 d.l. 29 ottobre 1991, n. 346 l. 18 febbraio 1992, n. 172 art. 111 comma 2 c.p. art. 112 comma 3 c.p.
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