| Lo scritto si propone di discutere talune novita' introdotte dalla
Suprema Corte con la sentenza n. 2688/1989. Pertanto, vengono
illustrate le ragioni per le quali il rifiuto del coniuge al
coacquisto, legittimato con la citata sentenza, di fatto non puo'
essere ricondotto alle eccezioni al principio della relativita';
argomento che, in qualche modo, va ad urtare con l' unanime opinione
di dottrina e giurisprudenza che desume dall' art. 177 lett. a) c.c.
l' efficacia estensiva degli acquisti stipulati da uno soltanto dei
coniugi. La diversita' delle due dichiarazioni di rifiuto (il rifiuto
del coniuge e quello del terzo), come viene rilevato, e' data sia
dalla condizione giuridica del coniuge non agente, certamente diversa
dalla condizione del terzo rispetto al negozio stipulato in suo
favore, sia dal diverso momento negoziale in cui le predette
dichiarazioni intervengono (l' art. 181 parla di "fiuto alla
stipulazione", mentre la dichiarazione del terzo e' diretta a
rifiutare gli effetti del negozio). Lo studio, che si addentra in una
ricerca complessa e articolata priva di precedenti, trova conferma
nel pensiero del legislatore del 1975, la cui espressione piu'
significativa va ricercata nel sistema di amministrazione che e'
stato previsto per i beni della comunione. Le osservazioni sono
perfettamente coerenti con lo spirito della riforma, che vuole i
coniugi congiuntamente impegnati nel progresso sociale (dunque anche
economico) della famiglia: cio' vuol dire che la disponibilita'
(genericamente intesa) di ognuno di essi e' frutto dell' impegno di
entrambi. Le critiche mosse nello scritto consentiranno di sostenere
che, in primo luogo il rifiuto del coniuge non acquirente
(espressione della liberta' di contrarre e non della liberta'
contrattuale) non e' un rifiuto in senso tecnico; in secondo luogo
che, contrariamente a quanto finora unanimemente sostenuto, non si ha
per nulla una estensione dell' efficacia del negozio isolatamente
stipulato da uno soltanto dei coniugi, perche' il coniuge non
intervenuto personalmente alla stipulazione e' ugualmente da
considerarsi parte del negozio, e non un mero (e passivo)
beneficiario indiretto del negozio stesso.
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