| La norma di cui all' art. 416 bis c.p. individua una fattispecie, di
chiara matrice sociologica, non scolpita secondo i criteri di
tassativita' e determinatezza, richiesti dalla Corte Costituzionale
sub art. 25 Cost.; le difficolta' probatorie proprie dei processi di
mafia e gli ampi spazi interpretativi lasciati all' operatore dalla
normativa citata, hanno condotto la giurisprudenza verso soluzioni
argomentative, di ampio respiro logico-deduttivo. Il Tribunale di
Lecce, con la sentenza in epigrafe, ben risolve l' annosa questione
della prova della adesione dei singoli consociati al pactum sceleris,
superando la contrapposizione tra la forza intimidatrice esercitata
dal gruppo al proprio interno e la volontarieta' della affiliazione,
cogliendone la valenza in funzione disciplinare e non gia' con
riguardo al reclutamento. Opportunamente, le finalita' perseguite
dalla associazione mafiosa, indicate dall' art. 416 bis c.p., vengono
individuate con valenza tra loro alternativa: la fattispecie penale
risulta perfezionata qualora una cosca operi avvalendosi della forza
intimidatrice e persegua anche solo una delle finalita' tipizzate. La
assimilazione tra le consorterie capaci di intimidazione -comunque
denominate- e le cosche mafiose si fonda sul comune denominatore dato
dal metodo operativo, dalla forza intimidatrice esercitata all'
esterno del gruppo; connotati, questi, rinvenibili nella generalita'
delle imprese criminali, a struttura piramidale, geograficamente
determinate.
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