| La nota affronta la problematica relativa alla configurabilita' della
forma presunta del consenso dell' avente diritto, causa esimente nel
vigente ordinamento penale. Premessa una rapida introduzione all'
argomento attraverso l' esame della causa di giustificazione nei suoi
aspetti piu' generali e soffermatasi, in particolare, sui limiti
incontrati dalla disposizione dell' art. 50 c.p. con riguardo alla
natura dei diritti per la lesione dei quali puo' validamente essere
prestato il consenso, la nota prosegue con la classificazione delle
forme di manifestazione del consenso scriminante. Viene quindi
riservata una attenta trattazione al consenso putativo, pacificamente
riconosciuto da dottrina e giurisprudenza, tratto dalla norma dell'
art. 59 comma 3 c.p. che assegna efficacia scriminante alla erronea
supposizione della esistenza di una causa di giustificazione.
Rimanendo nell' ambito del consenso virtuale, si entra nel tema
attraverso la esposizione della teoria del consenso presunto,
concepita da studiosi germanici e accolta in Italia con alterna
fortuna, stante le resistenze frapposte, anche in tempi recenti,
dalla giurisprudenza di legittimita'. Quest' ultima e' orientata nel
senso di ritenere la fattispecie di consenso presunto alla stregua di
una causa soggettiva di non punibilita', segnatamente come mancanza
di dolo. La nota prosegue con una critica alla tesi giurisprudenziale
mediante l' analisi della generale rilevanza del putativo nel nostro
sistema penale e attribuendo natura necessariamente mista, soggettiva
ed oggettiva, alla scriminante in esame, stante la immanenza del
consenso, sebbene non concesso perche' non richiesto. Al riconosciuto
carattere di vera e propria causa di giustificazione, conclude la
nota, devono conseguire gli effetti connessi, tra i quali, in primo
luogo, la sua rilevanza "oggettiva", cioe' anche se non conosciuta
dall' agente, e la estensibilita' ai compartecipi.
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