| Richiamate le posizioni giurisprudenziali e dottrinarie sulla
questione del rendimento del lavoro del cottimista, l' A. esamina la
sentenza in epigrafe la quale ritiene fondate le censure del
ricorrente in merito alla mancata corresponsione delle differenze
retributive dovute a titolo di indennita' di cottimo ed alla mancata
considerazione della loro incidenza sul calcolo del trattamento di
fine rapporto, in base ad un duplice ordine di motivi. Da un lato,
constatando che i rendimenti ottenuti dal lavoratore non erano
inferiori, nel corso dell' intero periodo indicato, ai valori medi di
rendimento del reparto. Dall' altro, notando, in via assorbente, che
non sussistono ragioni "per le quali il cottimista deve osservare,
nell' esercizio della prestazione lavorativa, una diligenza superiore
e garantire un rendimento maggiore di quelli connessi al tipo di
prestazione svolta e che gravano su ogni lavoratore". Tale
interpretazione, assolutamente innovativa in un panorama
giurisprudenziale ormai decisamente consolidato in senso contrario,
afferma l' A., potrebbe aprire nuove unificanti prospettive di
lettura del fenomeno del cottimo individuale, anche se, a suo
giudizio, rischia di esaurirsi senza scalfire la posizione assunta
dal Supremo Collegio.
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