| Nota critica all' ordinanza con la quale la Corte partenopea ha
sollevato d' ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'
art. 291 c.c. nella parte in cui, pur dopo la sentenza n. 557/1988
della Corte Costituzionale, non consente l' adozione dei maggiorenni
quando l' adottante abbia figli maggiorenni, ma incapaci di
esprimere, perche' interdetti per infermita' mentale, in valido
consenso all' adozione. L' A. contesta l' affermazione di autorevole
dottrina secondo cui l' art. 291 c.c. costituisce un "relitto" della
tradizione, contrastante con la disciplina dell' adozione dei
minorenni, rilevando che, pur contrastando con la disciplina dell'
adozione dei minorenni, il divieto in parola e', pero', conforme alla
funzione tradizionale dell' adozione dei maggiorenni, volta a
garantire la tutela dell' adottato e quella patrimoniale e
successoria dei membri della famiglia legittima dell' adottante.
Mentre appare logico che i figli maggiorenni (e capaci d' intendere e
di volere) dell' adottante possano consentire all' adozione,
rinunciando ai loro diritti, per contro e' evidente che i figli
minorenni (ai quali sono equiparati quelli maggiorenni ma incapaci)
non possano esprimere un valido consenso all' adozione perche' non in
grado di valutare la gravita' di un atto che comporta la rinuncia ai
loro diritti patrimoniali e successori. E a tale impossibilita' non
puo' ovviarsi con la nomina di un rappresentante (diversamente da
quanto ritiene la Corte), perche' il consenso e' un atto
personalissimo riservato al titolare del diritto e perche' la tutela
garantita agli incapaci risulterebbe frustrata se terzi estranei
potessero disporre dei diritti altrui. Neppure sussiste la pretesa
discriminazione tra figli maggiorenni e capaci (che possono godere
dei vantaggi dell' adozione) e figli incapaci (minori ed interdetti)
dell' adottante (che non potrebbero beneficiare dei vantaggi
derivanti dall' adozione e dell' assistenza di terzi), in quanto i
vantaggi che possono derivare a terze persone (quali sono i figli
dell' adottante) dall' adozione non sono considerati dalla legge,
poiche' l' adozione limita i suoi effetti all' adottante e all'
adottato (art. 300 c.c.), con la conseguenza che, anche nel caso di
pronunzia dell' adozione, nessun vantaggio sarebbe potuto derivare al
figlio quarantasettenne ma infermo di mente dell' adottante, sicche'
la sollevata questione, oltre che infondata, si palesava anche non
rilevante nel caso concreto.
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