| La sentenza in commento affronta la questione dell' assunzionee della
veste di imprenditore commerciale da parte delle associazioni e, in
generale, il piu' vasto tema della necessita' di uno scopo di lucro
nell' esercizio di un' attivita' commerciale. Allineandosi all'
indirizzo interpretativo prevalente, la Cassazione ha affermato che,
ai fini dell' attribuzione ad un' associazione dello status di
imprenditore commerciale, occorre accertare se essa abbia esercitato
una prevalente attivita' commerciale, senza che assuma rilievo la
circostanza che siano stati perseguiti scopi altruistici; che, per la
qualifica di imprenditore commerciale, l' attivita' commerciale deve
essere direttamente imputabile all' imprenditore stesso; che, ai fini
della dichiarazione di fallimento, l' accertamento della situazione
d' insolvenza deve essere effettuato con riferimento alla situazione
economica dell' imprenditore, non potendo rilevare la connessione con
una societa' di capitali della quale sia gia' stata accertata l'
insolvenza. Perplessita' suscita pero', secondo l' A., l'
affermazione contenuta nell' ultima massima della sentenza, secondo
la quale la dichiarazione di fallimento di un' associazione non
riconosciuta, avente lo status di imprenditore commerciale, comporta
il fallimento degli associati che siano illimitatamente responsabili,
secondo la disciplina delle associazioni non riconosciute, ossia
delle persone che hanno agito in nome e per conto dell' ente, ai
sensi dell' art. 38 comma 1 c.c.
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