| Puo' un diritto alla procreazione essere configurato quale oggetto di
tutela costituzionale? E, in caso di risposta affermativo, esso trova
fondamento in un' interpretazione estensiva dell' art. 2 Cost.,
ovvero in un riferimento ad altre disposizioni in essa comprese? Il
tema involge problematiche di estrema complessita', che rendono
necessaria preliminarmente una rilettura dei suoi presupposti
etico-filosofici, consistenti soprattutto nella definizione del
rapporto tra uomo e natura, per formulare un tentativo di risposta ai
sempre piu' urgenti questiti, morali e giuridici, posti dall'
incalzante sviluppo delle biotecnologie. Nel contesto offerto da un
ordinamento informato a principi di laicita' e pluralismo, etico ed
ideologico, il diritto alla procreazione, derivabile ermeneuticamente
in via piu' diretta dalla norma di cui all' art. 31 Cost, in quanto
espressione immediata della liberta' di autodeterminazione
individuale, nonche' qualificabile forse come diritto sociale, non
pare poter essere in alcun modo limitato tramite un anacronistico
ritorno a prospettive di stampo giusnaturalistico. Una sostanziale
astensione del legislatore, che potrebbe qui intervenire solo nei
ristretti limiti concessi dalla necessita' di tutela della sicurezza
e della sanita', appare dunque la soluzione piu' auspicabile, almeno
per quanto riguarda il settore della fecondazione artificiale;
problemi piu' ardui si pongono invece nel campo, ancora meno
esplorato, dell' ingegneria genetica, laddove i rischi derivanti
dall' errore manipolativo e dalla presumibile ampiezza ed
imprevedibilita' di effetti del medesimo inducono ad una maggiore
apertura verso l' introduzione di controlli, alla luce di un concetto
di responsabilita', individuale e collettiva, definita nel quadro di
un' etica laica.
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