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211620
IDG940803951
94.08.03951 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Pace Alessandro
La "naturale" rigidita' delle costituzioni scritte
Giur. cost., an. 38 (1993), fasc. 6, pag. 4085-4134
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D0110; S73
L' A. cerca di dimostrare, sulla base di un' approfondita disamina storiografica, che, almeno fino al 1870, vi fu, in Italia, una notevole incertezza sul problema della modificabilita', o meno, dello Statuto Albertino da parte del legislatore ordinario. Su un piano piu' generale, egli cerca altresi' di dimostrare, a seguito di una rilettura critica dei fondamentali contributi di Bryce, che le Costituzioni scritte che non prevedono un procedimento speciale di revisione costituzionale sarebbero "naturalmente" (ancorche' non "essenzialmente") "rigide"; per contro sarebbero politicamente assai fragili, proprio perche' non sono previsti in esse meccanismi di adeguamento del testo alle mutate domande politico-sociali. La spiegazione del perche' lo Statuto Albertino, le Carte francesi del 1814 e del 1830, le Costituzioni spagnole del 1834, del 1837, del 1845 e del 1876 non furono, in definitiva, considerate "rigide", avrebbe percio' un fondamento politico, e non giuridico. Ed infatti l' asserita immodificabilita' di tali Costituzioni scritte da parte del legislatore ordinario implicava che, per eventuali modifiche, ci si sarebbe dovuti rivolgere ad apposite assemblee "costituenti", le quali pero', in quell' epoca, erano tenute come possibile causa di rivoluzioni. Di qui il diffuso e aprioristico rifiuto della tesi che tali Costituzioni fossero rigide; e di qui, conseguentemente, la loro "trasformazione" in (o, comunque, la loro qualificazione come) Costituzioni flessibili. Ed infatti, creatasi artificiosamente una "lacuna" relativamente alla norma costituzionale che implicitamente vietava la modificazione di tali Costituzioni da parte delle leggi ordinarie, ben si poteva ritenere (e in effetti da taluni si ritenne) che tale lacuna fosse stata colmata con l' introduzione nell' ordinamento, in via consuetudinaria, di una norma sulla produzione giuridica che consentiva la modificazione dello Statuto da parte di leggi ordinarie.
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