| L' A. inquadra in primo luogo da un punto di vista storico il
trattamento sanzionatorio del malato di mente autore di reato. Da qui
un primo paragrafo sull' origine delle misure di sicurezza, ed i suoi
prodromi nel codice penale italiano del 1989. Poscia, viene esaminata
l' introduzione vera e propria in un sistema compiuto di misure di
sicurezza nel codice penale del '30, nell' ambito del quale il
legislatore italiano ha adottato, come e' noto, il sistema del c.d.
"doppio binario", ovverosia del cumulo tra pene e misure di sicurezza
che, nonostante le supposte differenze teoriche tra i due tipi di
sanzioni, ha in realta' provocato un inaccettabile duplicato di
repressione. Da cio' le proposte di sostituzione anche in Italia di
tale sistema con il piu' moderno sistema vicariale, ove cioe' alla
pena si sostituisce la misura di sicurezza. Stabilito cio' in linea
generale, l' A. passa ad esaminare approfonditamente la situazione
dell' ospedale psichiatrico giudiziario ed i dubbi di legittimita'
costituzionale cui da' luogo, in relazione al principio di
uguaglianza, alla tutela del diritto alla salute, ed alla esigenza
che la sanzione penale assolva sempre anche ad una funzione
rieducativa. La ragione per la quale, nonostante tali perplessita' di
ordine costituzionale e nonostante l' avvenuta abolizione dei
manicomi comuni, con la l. 180/1978, gli ospedali psichiatrici
giudiziari sono ancora rimasti nel sistema delle misure di sicurezza,
viene dall' A. individuata nella scarsa utilizzazione di
"alternative" praticabili nel nostro Paese. Ad esempio, infatti, l'
esperienza degli "istituti di terapia sociale", maturata nei Paesi
del Nord Europa, ed introdotta nel codice penale tedesco con la
riforma del 1975 -anche se poi espunta dallo stesso 10 anni dopo, per
rifluire nella legge di esecuzione penitenziaria- ha avuto scarso eco
da noi, se si eccettuano gli stabilimenti di Lonate Pozzolo, vicino a
Milano, e Civitavecchia, nei pressi di Roma, entrambi tuttavia oggi
non piu' funzionanti, quantomeno nel senso della terapia sociale. Le
prospettive di riforma, accantonata l' idea, di origine positivista,
di abolire la distinzione tra imputabili e non, restano pertanto
affidate allo schema di legge delega per la riforma del codice
penale, pubblicato nel 1992, ove, in materia di imputabilita', si
estende il concetto di infermita' mentale fino a ricomprendervi, con
il termine "anormalita'", anche le nevrosi e le psicopatie, oltre,
ovviamente, alle tradizionali psicosi. Tale opportuna estensione non
trova tuttavia riscontro in ambito sanzionatorio, giacche', pur se
viene in linea generale introdotto il sistema vicariale, per il
trattamento dei malati di mente autori di reato si fa genericamente
riferimento al ricovero in "strutture psichiatriche", oppure alla
terapia ambulatoriale, senza quindi non solo optare per il
mantenimento o no degli o.p.g., ma nemmeno introdurre la proficua
esperienza degli istituti di terapia sociale.
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