| Nel commentare l' ordinanza in epigrafe, l' A. ne plaude il
contenuto, innovativo e pragmatico rispetto a precedenti
interpretazioni giurisprudenziali e, da buon conoscitore della
materia, ne sottolinea gli aspetti piu' salienti. L' A. riconferma
che trattasi di un vero e proprio diritto soggettivo di ordine
pubblicistico non avente carattere risarcitorio sulla cui richiesta
il giudice di merito deve operare, sia a fini valutativi che
decisivi, con metro equitativo e non limitarsi, pertanto, a pure e
semplici operazioni aritmetiche. Il giudizio di equita' deve essere
inteso come "giustizia del caso concreto", ottenuta tramite un
adattamento dei principi giuridici alla peculiarita' della
fattispecie da esaminare e che implica una valutazione piu' libera ed
elastica di quanto possa scaturire normalmente dalle sole norme di
diritto, tenendo presente ogni elemento, sia di natura soggettiva che
oggettiva, che, prudentemente apprezzato dal giudice di merito, possa
permettergli di giungere ad una equa determinazione del "quantum"
liquidabile. Mentre la Corte d' Appello di Venezia ritiene non debba
attribuirsi alcuna rilevanza a quelle soggettivazioni relative alla
collocazione sociale del soggetto interessato, alla sua minore o
maggiore sensibilita' alla privazione della liberta' -e cio' in linea
con il principio sancito dall' art. 3 Cost.- l' A., ulteriormente
elaborando il discorso di procedimento "equitativo", espone la tesi
che di tal diversita' debbasi invece tener conto, proprio perche'
conseguenze diverse possono prodursi a carico di soggetti tra di loro
"diversi".
| |