| La sentenza annotata considera la richiesta del ministro della
Giustizia, a cui e' subordinata la procedibilita' per i fatti
indicati negli artt. 8, 9 e 10 c.p., un "atto politico", come tale
caratterizzato da discrezionalita' politica ed insindacabile, perche'
svincolato da ogni limite normativo che non sia quello affatto
indeterminato dell' opportunita' politica. Pertanto, l' atto deve
essere sottoscritto personalmente dal ministro o, al piu', da un
sottosegretario di Stato, in quanto soggetto politico, delegato dallo
stesso ministro. Non puo', quindi, ritenersi integrata la condizione
di procedibilita' nel caso in cui l' atto sia sottoscritto da un
funzionario del Ministero. L' A. esamina la questione, richiamando le
posizioni che attribuiscono alla richiesta ministeriale natura di
atto amministrativo e la giurisprudenza del Consiglio di Stato,
secondo la quale i provvedimenti ministeriali adottati con la formula
"per il ministro", anche se sottoscritti dal direttore generale,
impegnano direttamente il ministro. Secondo indirizzi meno
formalistici, la richiesta di procedimento puo' essere inviata anche
per telegramma. Secondo l' A., piu' della questione formale relativa
alla sottoscrizione dell' atto, desta preoccupazione la stessa
sopravvivenza, in un ordinamento come il nostro, di atti governativi
consistenti in valutazioni di opportunita' politica e quindi
insindacabili, i quali, sia pure in via mediata, vanno ad incidere
nella sfera di diritti individuali che trovano salvaguardia nell'
art. 13 Cost.
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