| Quello della simiglianza ed analogia -se non, addirittura, della
tendenziale equiparabilita'- della posizione delle Assemblee elettive
regionali in confronto al rango delle Camere parlamentari (e degli
organi costituzionali in genere) e' argomento non di rado adoperato,
da parte regionale, al fine di invocare l' intervento della Corte
Costituzionale -in sede di conflitto di attribuzione- onde
consentire, per tal via, il ristabilimento di quell' assetto o
sistema di guarentigie e "protezioni" che la Costituzione
assegnerebbe ai Consigli regionali e che verrebbe ad essere inciso, o
addirittura vanificato, qualora lo Stato pretendesse di esercitare
talune sue competenze, anche di natura propriamente giurisdizionale,
entro la c.d. sfera di "indipendenza" dei Consigli medesimi. Non si
distacca da tale matrice interpretativa e da tale intento
"rivendicativo" -pur se l' una e l' altro sostanzialmente disattesi
da una giurisprudenza costituzionale che, specie nel corso di questi
ultimi anni, e' andata via via stabilizzandosi- il conflitto di
attribuzione che ha condotto alla sentenza n. 209/1994, sorto a
seguito del ricorso della Regione siciliana avverso l' attivita'
istruttoria avviata dalla Procura Generale della Corte dei Conti ex
art. 74 t.u. Corte dei Conti e finalizzata ad accertare eventuali
danni cagionati da funzionari dell' Assemblea regionale siciliana
(nell' ambito del giudizio di responsabilita' patrimoniale). La Corte
Costituzionale, sebbene con qualche incongruenza e sbavatura d'
ordine sistematico, ha opportunamente riaffermato la legittimazione
della Corte dei Conti ad esercitare il proprio sindacato negando,
conseguentemente, la pretesa natura esclusiva, sostitutiva e
riservata della giustizia "domestica" dell' organo consiliare
regionale. Strettamente connesso al problema ora accennato e' l'
altro attinente al fondamento e all' estensione delle varie specie e
forme di autonomia -delle quali la c.d. autodichia e' solo una parte,
e neppure la piu' rilevante (autonomia normativa, organizzatoria,
contabile, ecc.)- che, per una parte tutt' altro che minoritaria
della dottrina, dovrebbero riconoscersi agli organi consiliari
regionali secondo un regime e un modello non dissimili da quelli
propri delle Camere parlamentari. Si e' pertanto reso necessario sia
definire il rango, la valenza e l' efficacia della fonte
regolamentare "interna" (la quale funge, quanto meno sul piano
formale, da fondamento per molte delle suddette potesta' autonome in
capo ai Consigli regionali, ed in particolare per quella di
autoorganizzazione), sia delineare il rapporto intercorrente tra
regolamenti consiliari ed altre fonti con questi "concorrenti" nella
materia organizzativa interna: lo Statuto regionale, nonche' la legge
statale e locale. Il quadro che ne e' derivato e' oltremodo
complesso, dal momento che, pur esclusasi la situabilita' dei
regolamenti in parola entro la categoria degli atti con forza di
legge e/o primari, la posizione dei medesimi e' risultata
insuscettibile di essere univocamente inquadrata; cio' in quanto la
competenza normativa attribuita alle Assemblee legislative regionali
subisce -per rimanere agli esempi piu' immediati- numerosi e
rilevanti condizionamenti (ed in tal senso deve ritenersi
differenziabile) sia in funzione della materia trattata, sia dell'
organo consiliare considerato, mutando l' ampiezza della potesta'
regolamentare a seconda che l' organo appartenga ad una Regione ad
autonomia ordinaria o differenziata; e cio' in virtu' del fatto che
gli Statuti speciali, a causa del loro rango piu' elevato, possono
istituire (fondare) la potesta' regolamentare in modo piu' esteso di
quanto non possano fare gli Statuti ordinari.
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| art. 24 comma 1 Cost.
art. 95 Cost.
art. 97 comma 1 Cost.
art. 101 comma 2 Cost.
art. 102 Cost.
art. 103 comma 2 Cost.
art. 108 Cost.
art. 117 Cost.
art. 123 comma 1 Cost.
art. 52 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214
art. 74 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214
art. 2 l. 23 ottobre 1992, n. 421
d.lg. 3 febbraio 1993, n. 29
art. 4 st. SI
C. Cost. 2 giugno 1994, n. 209
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