| La sentenza, affrontando la questione relativa all' applicabilita' al
convivente "more uxorio" della disciplina di cui all' art. 230 bis
c.c., afferma che, per un verso l' art. 230 bis, in quanto norma
eccezionale rispetto alle norme generali in tema di prestazioni
lavorative, non e' suscettibile di applicazione analogica e, per l'
altro verso, e' manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell' art. 230 bis nella parte in cui non prevede il
convivente "more uxorio" tra i soggetti tutelati. E cio' non solo
perche' il matrimonio pone a carico dei coniugi precise conseguenze,
mentre la convivenza e' una situazione di fatto caratterizzata da
precarieta', ma anche e soprattutto perche', ritengono i giudici, la
figura del coniuge e' l' unica, a tutt' oggi, riconosciuta dal
diritto. Secondo l' A. queste affermazioni non possono essere
condivise. Richiamato il dibattito relativo alla rilevanza giuridica
della famiglia di fatto, l' A. ritiene che, in attesa dell'
ammissibilita' di una impresa familiare fondata sulla famiglia di
fatto, appare sostenibile la possibilita' di procedere all'
applicazione analogica della disciplina di cui all' art. 230 bis c.c.
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