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218309
IDG951503899
95.15.03899 - Ist. Doc. Giur. / CNR - Firenze
Bene Teresa
Diversita' ontologiche e difformita' di effetti delle "modificazioni della imputazione"
Nota a App. Roma 17 febbraio 1993
Giur. it., an. 147 (1995), fasc. 5, pt. 2, pag. 313-322
(Bibliografia: a pie' di pagina o nel corpo del testo)
D6216
La sentenza annotata stabilisce il principio secondo cui per "fatto nuovo" (in senso processuale) ex art. 423 comma 2 c.p.p. debba intendersi un evento criminoso non noto al P.M. nel momento della richiesta di rinvio a giudizio. Percio', se questi intende modificare nell' udienza preliminare l' imputazione per un reato connesso ai sensi dell' art. 12 comma 1 lett. b, che "emerge" in quella sede lo deve fare secondo le modalita' del capoverso dell' art. 423 c.p.p. e, quindi, previo consenso dell' imputato, non essendo esso "enunciato" nella richiesta di rinvio a giudizio; in caso contrario, cioe' mancando il consenso dell' imputato, egli deve agire in via autonoma. Riassunto cosi' il principio enunciato dalla Corte, l' A. esamina i seguenti temi: i rapporti tra le disposizioni degli artt. 423 e 516 e ss. al fine di cogliere il senso della differenza tra fatto diverso e fatto nuovo e tra "fatto in senso processuale" e "fatto tipico"; le relazioni tra la disciplina delle "contestazioni suppletive" in udienza preliminare ed in dibattimento e la filosofia che ne sostiene le diversita' di effetti; l' ambito dei poteri del P.M. e del giudice per l' udienza preliminare in presenza di una richiesta di giudizio abbreviato. Questioni in parte affrontate dalla sentenza con soluzioni, anche sistematiche, di dubbia coerenza, sostiene l' A., in parte del tutto accantonate.
art. 423 c.p.p. art. 516 c.p.p.



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