| Un caso (nella fattispecie una nota a sentenza affidata ad un
giurista improvvisato) porta ad interpretare una norma in maniera
aberrante. All' errore ne seguono altri, fino a diventare valanga.
Nessuno si preoccupa piu' di verificare la consistenza logica dell'
assunto. E' quanto accaduto con l' art. 2948 n. 4 c.c. Armato di
tutti i piu' sofisticati strumenti di ricerca offerti dalla scienza
giuridica, l' A. si impegna a rimuovere la mole stratificata di
automatismi perversi. Con inflessibile acribia, egli ripercorre fin
dentro il diritto intermedio (una famosa ordinanza di Luigi XII, il
Codice di Marillac del 1629, i pareri del Ravez "oracolo del diritto
nel Mezzogiorno") il cammino di una norma e la ratio giuridica ed
economica che l' hanno qualificata, di passaggio in passaggio, fino
all' attuale formulazione. Oltre agli interessi che la precedono e le
fissano i limiti di dilatazione, la "dizione ombrellifera" dell' art.
2948 n. 4 c.c., puo' accomunare ai canoni enfiteuci, ai diritti di
legnatico, alle congrue parrocchiali, i crediti di lavoro
espressamente formulati dal successivo n. 5? La risposta negativa
gia' prefissata in forma irridente nel titolo del saggio e'
asseverata da una trama fittissima di passaggi logico-giuridici,
nella sequenza di tutti i canoni interpretativi consentiti (il
lessicale, il sintattico, il sistematico, l' analogico, il
comparativo), per giungere alla prova decisiva, schiacciante: l'
interpretazione autentica offerta alla norma dal legislatore
(francese) che le ha dato vita e dal cui ordinamento e' trapassata
alla lettera in quello italiano.
| |